Harald Höppner, un commerciante tedesco, compra una nave con i suoi risparmi per aiutare e salvare una parte delle migliaia di profughi che ogni giorno rischiano di morire inghiottiti dal mare per sfuggire a miseria e crudeltà dei propri Paesi d’origine.
Ormai è all’ordine del giorno accendere la TV e ritrovarsi davanti immagini di uomini, donne e bambini stipati in minuscoli barconi, nella migliore delle ipotesi; nella peggiore, sono soltanto centinaia di corpi privi di vita dispersi in mare. Le reazioni di ognuno di fronte a tale scempio sono svariate: c’è chi prova compassione, chi si impressiona, chi cambia canale o chi addirittura ne gioisce, pensando «meglio così, meno extracomunitari in giro per le nostre strade». Harald Höppner, imprenditore di Berlino che gestisce con la moglie un negozio di mobili e uno di abbigliamento, ha reagito in maniera inaspettata, distinguendosi completamente dalla massa.
«Se non faccio niente adesso, me ne pentirò per tutta la vita» ha pensato, così ha preso i suoi risparmi e, con l’aiuto di qualche amico e di altri volontari disposti a partecipare a tale opera di beneficenza, ha comprato a più di 100 mila euro, una vecchia nave del 1917, il cui precedente utilizzo era come casa galleggiante sui canali olandesi, per mandarla nel Mediterraneo a raccogliere il maggior numero di profughi a rischio possibile. Höppner ha spiegato a la Repubblica lo scopo della nave: «Vogliamo essere gli occhi e le orecchie di quello che accade in quel mare, la nostra barca non può certo ospitare centinaia di migranti, ma potremmo dare un contributo alle motovedette italiane per segnalare e avvicinare i barconi in difficoltà in attesa dell’arrivo di navi più grandi».
Proprio per questo la barca, ribattezzata Sea Watch, giocando sul significato ambivalente di un “mare che guarda”, è colma di volontari, medici, infermieri, marinai e persino un capitano: tutti disposti a sacrificare giorni e mesi delle proprie vite per salvarne molte altre. Per Harald, così come per tutti coloro che hanno sposato la sua causa, rimanere seduti a guardare impassibili lo schermo della televisione è inammissibile, d’altronde le immagini trasmesse non sono fotomontaggi di film horror, ma scene di vita reale.
Tenendo conto del grande gesto del cittadino tedesco, è bene ricordarsi, ogni giorno, che quei corpi appartengono a persone reali, con un passato, una vita, una famiglia e un Paese come il nostro, dal quale purtroppo sono costretti a fuggire. Ciò dovrebbe spronare gli Stati più fortunati a fare qualcosa di concreto per aiutarli, evitando di limitarsi a gestire la situazione con disorganizzazione, creando caos e disagi a loro che vengono accolti malamente e alla società che non è preparata a gestirli.
Chiara Forcisi
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Da sempre lettrice accanita, Chiara all’età di 13 anni pubblica You are my angel, il suo primo romanzo. Frequenta il Liceo Classico N. Spedalieri di Catania, dove completa gli studi in bellezza in qualità di rappresentante d’istituto e dirige, dopo averlo fondato, il giornalino scolastico Il Punto, degno erede di Voci di Corridoio, antesignano di Voci di Città. A marzo 2013 corona il suo più grande sogno: partire come delegate con l’Associazione Diplomatici alla scoperta della Grande Mela. Si laurea in Scienze della Comunicazione all’Alma Mater Studiorum di Bologna a luglio 2018. Inoltre, anche se è impegnata ad affrontare la vita quotidiana non si arrende e prova ancora a realizzare ciò che voleva fare fin dalla culla: salvare il mondo con le parole.