Una delegazione della sicurezza egiziana coordinata con il Qatar e gli Stati Uniti sta cercando di lanciare i negoziati tra Israele e Hamas per il rilascio degli ostaggi e il cessate il fuoco a Gaza. Questo, almeno riporta l’emittente egiziana al-Qahera. Tuttavia, però, a causa dell’attacco israeliano a Rafah i tentativi di negoziato comportano difficoltà non indifferenti.
Il giornalista di Axios, Barak Ravid, ha dichiarato che lo Stato ebraico avrebbe consegnato ai mediatori una proposta ufficiale riguardo un possibile accordo che mostrerebbe “flessibilità” sul numero di ostaggi da rilasciare nella prima fase dell’accordo e “disponibilità” per discutere sulle richieste di Hamas per una “calma sostenibile” nella Striscia di Gaza.
Tuttavia, l’offensiva di domenica scorsa a Rafah ha complicato di gran lunga la situazione. Il raid ha provocato un incendio in una zona per sfollati causando decine di morti anche se, i militari israeliani, sostengono che ciò è dovuto a un’ “esplosione secondaria“. Secondo quanto riportato nel Times of Israel, tale esplosione sarebbe stata innescata da munizioni o sostanze infiammabili – di cui i militari non erano a conoscenza – che ha scatenato un incendio diffusosi fino all’area degli sfollati, in seguito a un attacco aereo contro due comandanti di Hamas.
Dopo aver individuato i comandanti di Hamas, Yassin Rabia e Khaled Najjar, sarebbe partito il raid israeliano contro l’edificio in cui si trovavano domenica sera nella zona di Tel Sultan. Dalle informazioni apprese dall’intelligence delle Idf, quest’area veniva utilizzata da Hamas e presentava armi a poche decine di metri dal punto in cui sono stati uccisi i due comandanti. I militari sostengono che il raid non ha colpito l’area indicata come zona umanitaria nella regione di al-Mawasi e il luogo di Hamas preso di mira si trova a più di un chilometro.
Sempre secondo il Times of Israel, i caccia israeliani avrebbero lanciato due munizioni da 17 chili troppo “piccole” per provocare un incendio. Eppure, dopo il raid sono morti circa 45 civili, denunciati dai palestinesi, a causa delle fiamme divampate nella zona degli sfollati. Il premier israeliano Netanyahu lo ha definito “un tragico incidente“.
Matthew Miller, portavoce del dipartimento di Stato, ha affermato che gli Stati Uniti avrebbero valutato attentamente i risultati dell’inchiesta partita dopo il raid. “Siamo profondamente rattristati dalla tragica perdita di vite umane a Rafah“. Lo stesso Miller ha continuato ritenendo “strazianti” le immagini dei civili uccisi e spiegando che Washington subito dopo il raid ha espresso a Israele “le nostre profonde preoccupazioni” esigendo “informazioni e un’indagine piena” in attesa di un rapporto definitivo per dare la sua valutazione.
“L’esercito israeliano continua l’indagine e promette che sarà veloce, complessiva e trasparente, noi analizzeremo attentamente i risultati. Continueremo a sottolineare a Israele i suoi obblighi del rispetto della legge umanitaria, per minimizzare l’impatto delle sue operazioni sui civili e massimizzare il flusso di aiuti“. Miller, infine, ha aggiunto che è fondamentale “scoprire che cosa abbia effettivamente provocato l’incendio” dato che Israele sostiene che avrebbe potuto esserci un deposito di armi in quella zona.
John Kirby, portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale della Casa Bianca, ha aggiunto: “Come risultato del raid a Rafah non ho cambiamenti di politica da annunciare, è appena successo, gli israeliani stanno indagando, osserveremo con grande interesse quello che scopriranno“, nel tentativo di rispondere alle domande riguardo al raid. Kirby ha sottolineato che Washington ha condannato subito “la morte dei civili, ma dobbiamo capire quello che è successo“.
Fonte immagine in evidenza: Adnkronos.com
Valentina Contarino
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