La ricerca scientifica ha da sempre impiegato gli animali per mettere a punto nuovi medicinali, sperimentare tecniche chirurgiche all’avanguardia e osservare l’evoluzione delle malattie. La sperimentazione animale, dunque, è stata necessaria per ottenere diversi risultati scientifici e benefici di cui godiamo oggi.
Tra i numerosi esempi, le statine per il colesterolo o il vaccino anti-influenza hanno migliorato decisamente la qualità della vita di molte persone. Ma il prezzo di questo avanzamento della ricerca è stato il sacrificio animale, grazie al quale gli scienziati hanno potuto mostrare la sicurezza e l’efficacia delle relative sostanze in laboratorio. Non avremmo vaccini e gli stessi trapianti d’organo se non vi fosse stata precedentemente un’adeguata sperimentazione animale. Senza certa ricerca, non si sarebbero ottenuti i farmaci attualmente in commercio e non si sarebbero raggiunte le conoscenze attuali su tumori e altre malattie. Pensiamo, ancora, all’uso della flebo: è stata sperimentata per la prima volta negli anni Venti su cani, conigli e roditori.
Insomma la scienza e la medicina, come le conosciamo ora, non sarebbero tali senza il sacrificio di milioni di animali.
Dunque, sarebbe ipocrita sostenere che la sperimentazione animale non sia servita assolutamente a niente. Non sapremo mai se avremmo avuto gli stessi risultati senza gli animali. Ma forse la domanda più corretta è: dati i progressi scientifici e le tecnologie disponibili, questo sacrificio è ancora necessario?
In Italia, è ormai ufficiale la proroga sulla sperimentazione animale, come stabilito dal decreto Milleproroghe. Le Commissioni Affari Costituzionali e Bilancio della Camera hanno approvato la possibilità, fino al 1° luglio 2025, di condurre i test sugli animali per portare avanti studi sui trapianti d’organo, sulle sostanze d’abuso (tra questi anche alcuni chemioterapici impiegati nel trattamento del cancro), sui farmaci e in particolare sui vaccini.
Secondo quanto certificherebbe il Ministero della Salute, al momento non sarebbero disponibili metodi alternativi idonei a sostituire adeguatamente il modello animale nelle sopracitate sperimentazioni.
Una decisione vergognosa perché dannosa e superata, che ignora i metodi alternativi, secondo l’Onorevole Michela Vittoria Brambilla, rappresentante dell’Intergruppo parlamentare per i Diritti degli animali.
A prendere posizione contro la decisione sono state anche le associazioni.Per gli animalisti italiani, infatti, si tratterebbe di un grave passo indietro, complice anche il mancato finanziamento per metodi alternartivi.
Tra l’altro, la sperimentazione animale pare eticamente controversa da molto tempo. Gli animali sono allevati e addestrati per scopi di ricerca specifici. L’unica ragione della loro esistenza è la sperimentazione. I diversi bisogni degli animali di muoversi, avere contatti sociali e autodeterminarsi difficilmente sono soddisfatti nell’ambiente sterile dell’allevamento in gabbia necessario per gli esperimenti.
Tuttavia sono innumerevoli gli enti (università, industrie farmaceutiche, riviste scientifiche, allevatori) che vi traggono un concreto guadagno, diretto o indiretto.
Dietro questa spessa rete di beneficiari, resta però una vasta schiera di creature innocenti condannate a un destino, purtroppo, quasi sempre infelice. I (rari) casi più fortunati, se le condizioni lo permettono, possono essere avviati a un programma di reinserimento e successivamente dati in adozione a privati.
Sebbene il profitto sia tra le motivazioni principali che spingono i ricercatori a condurre esperimenti su animali, non si tratta solo di questo. C’è un pizzico di inerzia, poiché le persone e la società in generale tendono a opporsi al cambiamento. Se abbiamo sempre fatto una cosa in un certo modo è improbabile che cerchiamo un’altra strada, a meno che non accada qualcosa di catastrofico che imponga di cambiare. Forse, molti scienziati sono semplicemente troppo legati alla tradizione e questa considera l’uso degli animali nella ricerca un metodo imprescindibile.
Tuttavia, il cambiamento e l’adozione di nuove soluzioni non sono assolutamente infattibili. Infatti, in alcuni ambiti gli animali sono già stati totalmente rimpiazzati: è il caso della didattica e dei test di tossicità nel settore cosmetico.
Tra l’altro, moderne tecniche di imaging (TAC e risonanza magnetica per fare due esempi) sono utilizzate nello studio del cervello umano al posto degli esperimenti sui primati, colture in vitro di cellule e tessuti umani trovano impiego nella sperimentazione di nuovi farmaci, mentre altri metodi basati direttamente sull’uomo (ricerca clinica, epidemiologia, statistica etc) si rivelano efficaci nello studio delle malattie. Inoltre, simulazioni elettroniche di esperimenti sono in grado di prevedere, grazie a modelli matematici e speciali software, gli effetti biologici di alcuni composti chimici.
Dunque, le tecnologie più moderne consentirebbero di ottenere risultati importanti e dati parziali, ma veritieri, verso la quale la ricerca può adeguatamente compiersi. Investendo nell’utilizzo di metodologie alternative, promuovendole ed estendendole ai più disparati campi, l’impiego degli animali ai fini scientifici potrebbe finalmente cessare di essere un (indiscutibile) male necessario, ma decisamente non perseguibile.
Miriana Platania
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