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Simone Farina: storia di un eroe o di un errore?
21 Luglio 2021
Attualità

Simone Farina: storia di un eroe o di un errore?

Home » Attualità » Simone Farina: storia di un eroe o di un errore?
Nella calda estate di dieci anni fa, l’inchiesta “Last Bet” scoperchiò l’ennesimo giro di scommesse illecite all’interno del mondo del calcio, alimentato proprio da calciatori, dirigenti e altri tesserati a vario titolo di numerose società appartenenti a diverse categorie, dalla Serie A alla Serie D.
Fin dal principio, l’impatto mediatico della vicenda fu notevole; infatti, si affermarono subito, nell’immaginario collettivo, svariati simboli come la “bevanda magica” dell’allora portiere della Cremonese, Marco Paoloni o il vergognoso autogol di Andrea Masiello nel Derby pugliese del 2011 e i volti di questa complessa operazione giudiziaria viziata, peraltro, da una serie di errori madornali che portò, paradossalmente, da un lato, ad accuse rivelatesi successivamente infondate che costrinsero alcuni calciatori a chiudere prematuramente la carriera, fra i quali va menzionato Alberto Maria Fontana, assolto con formula piena poco più di un anno dopo e, dall’altro, a permettere a determinati soggetti sui quali pendevano ben pochi dubbi circa il coinvolgimento nei fatti di cavarsela “con poco”, grazie all’istituto del patteggiamento, vedasi proprio Andrea Masiello che, pur essendo stato riconosciuto colpevole per illecito sportivo, omessa denuncia e violazione dell’articolo 1 di lealtà sportiva e divieto scommesse, nel giro di pochi anni, ha potuto riprendere la propria carriera agonistica, peraltro, ad altissimi livelli.
Oltre ai nomi già citati (e al procuratore federale Palazzi, caratterizzato oggi come allora da un financo eccessivo spirito giustizialista), però, su tutti finì per spiccare un nome: Simone Farina. Sconosciuto ai più, l’allora difensore del Gubbio si rifiutò di combinare una partita e denunciò il fatto, dando il là alle indagini sulla già intricata vicenda.
Non appena questo “atto rivoluzionario” (ebbene sì, al giorno d’oggi, fare la cosa giusta è considerato estremamente controcorrente) venne dato in pasto ai media, la notizia fece il giro del mondo. In poche ore, Simone Farina passò dal quasi totale anonimato a diventare un simulacro della lotta al calcioscommesse e al malaffare in generale.
Idolatrato da stampa e addetti ai lavori, Farina ricevette molteplici inviti presso platee e palcoscenici che un calciatore di Serie B non avrebbe mai sognato di calcare, fra i quali vale la pena di ricordare lo stage della Nazionale Italiana prodromico alla partecipazione ad Euro 2012, per volontà dell’allora CT Cesare Prandelli, e la cerimonia di premiazione del Pallone D’Oro FIFA 2011, dove sua maestà Sepp Blatter (noto per la propria fedina penale immacolata e per il forte senso di moralità che lo ha sempre contraddistinto) lo elogiò per “aver avuto il coraggio di dire no”, nominandolo ambasciatore della stessa FIFA per il fair play nel mondo.
Insomma, Farina fu così acclamato, elogiato, adorato e valorizzato che…si ritrovò senza squadra in poco meno di un anno.
No, non si tratta di un errore, avete letto benissimo. Infatti, al termine della stagione agonistica 2011/2012, il difensore romano risolse consensualmente il proprio contratto con il Gubbio e nessuna squadra pensò bene di offrire un posto in rosa a colui che, fino a pochi mesi prima, qualsiasi emittente e qualsiasi ente faceva a gara per vedere il suo volto campeggiare sui propri programmi o far capolino ai propri eventi.
Chiaramente, sarebbe stato pretenzioso (e insensato) auspicare un ingaggio da parte di un top club italiano o europeo ma, senza voler sindacare nel merito le scelte delle società di allora, com’è possibile che un onesto mestierante che, fino ad allora, aveva messo a referto circa 200 presenze in carriera non abbia suscitato l’interesse di alcun club, perlomeno, di Serie B o C?
Sarà che, forse, nessuno “voleva mettersi in casa una spia”? Senza scadere nelle illazioni, viene forse in aiuto quel noto detto popolare (erroneamente attribuito al più volte Presidente del Consiglio Giulio Andreotti) che recita: “A pensar male si fa peccato ma, spesso, ci si azzecca.”
Fatto sta che, nel silenzio e nell’indifferenza generale (che contrasta in maniera ossimorica con l’eco mediatico che accompagnava la sua figura solo pochi mesi prima), la carriera calcistica del classe ’82 Simone Farina si chiude a soli 30 anni.
Questi, però, non rimane disoccupato. Infatti, l’Aston Villa, noto club inglese, lo assunse col ruolo di community coach, al fine di insegnare ai giovani tesserati l’importanza del rispetto delle più basilari regole di lealtà sportiva.
Ora, fa quantomeno sorridere che, finita la moda di elogiare “colui che disse no”, l’unico club che abbia avuto interesse a mettere sotto contratto Farina sia stato un club straniero, lontano dai toni epidittici di cui si abusa, spesso e volentieri, dalle nostre parti.
Un po’ come accade per i ricercatori italiani che, non trovando valorizzazione e gratificazione nel nostro paese e si vedono, loro malgrado, costretti ad emigrare altrove.
Successivamente, Farina venne riportato in Italia dall’allora Presidente della Lega B Andrea Abodi il quale, nel 2015, gli offrì un ruolo operativo nell’ente che presiedeva e, al giorno d’oggi, svolge il ruolo di procuratore sportivo (c.d. agente) per un’importante agenzia svizzera, la First (che, tra gli altri, cura gli interessi di Dani Olmo del Red Bull Lipsia e della Nazionale spagnola).
Insomma, il gesto di Simone Farina di dire di no e rifiutare il coinvolgimento in una partita “venduta” fu un atto eroico o, egoisticamente parlando, fu un errore?
Fare la cosa giusta (o, quantomeno, legale) non è mai sbagliato, soprattutto se si ha una coscienza con la quale fare i conti, prima di mettersi a dormire. D’altro canto, con un po’ di cinismo e tanta amarezza, appare evidente che, qualora Farina non avesse sporto denuncia, la sua carriera da calciatore sarebbe andata avanti senza soluzione di continuità, quantomeno fino all’esaurimento naturale del suo pieno vigore fisico e, anche qualora fosse stato indagato e condannato per omessa denuncia, ne sarebbe uscito pulito in pochi anni, come ci insegnano i precedenti di questa vicenda.
Tuttavia, la vera “morale” che possiamo trarre da questa lunga e complessa vicenda è che le masse e i media sono particolarmente bravi nel celebrare e idolatrare gli “eroi”, salvo poi dimenticarsene, non appena la vicenda passa di moda e, ovviamente, senza emularli nelle scelte di vita quotidiane. Questi “eroi” nella maggior parte dei casi, sono semplicemente uomini fatti di carne e ossa i quali compiono azioni che dovrebbero essere normali come dire di no al malaffare, ai compromessi e all’illecito ma che, in una società malata dove si è smarrita la bussola della moralità, del senso civico e della giustizia, risaltano poiché troppo scostanti rispetto al generale degrado valoriale, il più grave morbo dell’età contemporanea.
                                                                                    Christian Ferreri
Fonte foto: CalcioToday.it

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