Seid Visin, 20 anni, è stato ritrovato morto-suicida nella sua casa di Nocera Inferiore, in provincia di Salerno. Il ragazzo, di origine etiope, si era trasferito in Italia bambino, all’età di 7 anni, poiché adottato da una famiglia della città campana (dove ancora viveva).
Qualche anno fa, si era trasferito a Milano per giocare con le giovanili di Milan (compagno di stanza di Gigio Donnarumma) e Inter, ma dopo un po’ di tempo, nel 2016, aveva deciso di abbandonare la carriera professionistica, ritornando a Nocera Inferiore e dedicandosi allo studio.
Ma è in questo frangente di tempo che le cose cambiano. Seid non si sente più accettato dalla società. Viene guardato con occhi schifati o impauriti. A lavoro (cameriere) alcune persone non volevano, neanche, essere servite da lui. Egli stesso, alcune volte, si vergognava di essere nero. Mentre cercava di costruire la sua vita, la società, la NOSTRA società cercava di abbatterla. E ci è riuscita.
In una lettera, inviata agli amici e alla sua psicoterapeuta tempo fa, spiega che sono questi i motivi che lo hanno spinto al suicidio.
Il Corriere della Sera è riuscito ad avere quella lettera così straziante, potente, chiara e ne ha pubblicato alcune parti: “Io non sono un immigrato. Sono stato adottato da piccolo. Ricordo che tutti mi amavano. Ovunque fossi, ovunque andassi, tutti si rivolgevano a me con gioia, rispetto e curiosità. Adesso sembra che si sia capovolto tutto.
Ero riuscito a trovare un lavoro che ho dovuto lasciare perché troppe persone, specie anziane, si rifiutavano di farsi servire da me e, come se non mi sentissi già a disagio, mi additavano anche come responsabile perché molti giovani italiani (bianchi) non trovassero lavoro.
Dentro di me è cambiato qualcosa. Come se mi vergognassi di essere nero, come se avessi paura di essere scambiato per un immigrato, come se dovessi dimostrare alle persone, che non mi conoscevano, che ero come loro, che ero italiano, bianco.
Facevo battute di pessimo gusto su neri e immigrati come a sottolineare che non ero uno di loro. Ma era paura. La paura per l’odio che vedevo negli occhi della gente verso gli immigrati.
Non voglio elemosinare commiserazione o pena, ma solo ricordare a me stesso che il disagio e la sofferenza che sto vivendo io sono una goccia d’acqua in confronto all’oceano di sofferenza che sta vivendo chi preferisce morire anziché condurre un’esistenza nella miseria e nell’inferno. Quelle persone che rischiano la vita, e tanti l’hanno già persa, solo per annusare, per assaggiare il sapore di quella che noi chiamiamo semplicemente ‘Vita’ ”.
Quella che abbiamo raccontato, anche grazie a questa lettera, è una di quelle notizie di cui non dovremmo mai sentir parlare, perché nel 2021 non si può vivere col disagio di avere la pelle di un altro colore.
Fonte foto: AC Milan
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Giuseppe, classe 1999, aspirante giornalista, è laureato in Scienze Politiche (Relazioni Internazionali) ma, fin da piccolo, è appassionato di sport e giornalismo.
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