Svolta epocale sulla fecondazione assistita: la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo l’articolo 13 (commi 3 lettera b e 4) della legge 40/2004, decretando che non può essere considerato reato la selezione degli embrioni affetti da malattie genetiche.
La Consulta ha dichiarato incostituzionale l’articolo suddetto in quanto vieterebbe la selezione degli embrioni, anche nel caso in cui questa sia effettuata al solo scopo di non impiantare nell’utero femminile embrioni recanti malattie genetiche. La norma, infatti, violerebbe gli articoli 3 e 32 della Costituzione per contraddizione rispetto allo scopo della legge sulla procreazione medicalmente assistita (legge 40/2004), espresso dall’articolo 1, vale a dire la salute dell’embrione. Con la sentenza 229/2015, il giudice delle leggi ha quindi stabilito che la selezione non può essere considerata eugenetica, ricollegandosi all’articolo 6 della legge 194/1978, la famosissima legge sull’interruzione volontaria della gravidanza, per determinare i criteri che definiscono grave una malattia dell’embrione che potrebbe causare problemi psicofisici alla madre. Continua ad essere considerato reato, punibile con reclusione fino a 3 anni e con sanzioni dai 50mila ai 150mila euro, la distruzione di embrioni malati che, quindi, verranno conservati per sempre. La Corte Costituzione ha, difatti, dichiarato che «si prospetta l’esigenza di tutelare la dignità dell’embrione malato alla quale non può parimenti darsi, allo stato, altra risposta che quella della procedura di crioconservazione, poiché l’embrione non è certamente riducibile a mero materiale biologico».
Secondo Andrea Borini, presidente della SIFES (Società Italiana di Fertilità e sterilità e Medicina della Riproduzione), la sentenza non ha conseguenze pratiche, tuttavia è una precisazione teorica importante perchè elimina il paradosso tra la legge 40 e la legge 194, in quanto in base a quest’ultima la donna può comunque decidere di interrompere la gravidanza in caso di grave malattia del feto. Se la sentenza risulta essere una vittoria per i più progressisti e i fautori della libertà di scelta della donna, c’è chi invece afferma che decisioni del genere siano una violazione del diritto alla vita, che dovrebbe essere incondizionato a prescidere da malattie e malformazioni dell’embrione: ancora una volta, si scatena in Italia il dibattito etico.
Viviana Giuffrida
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