Il 25enne Giuseppe Cannavale, lavorava in L&S Italia Spa in provincia di Pordenone, azienda che si occupa di illuminazione per gli arredi, e solo da qualche mese quando i medici gli hanno diagnosticato un linfoma di Hodgkin. Le parole del giovane: «Avevo sottoscritto l’accordo con Adecco. In quei drammatici giorni in cui ho scoperto la notizia, sembrava che il mondo potesse crollare e, senza conoscenze in merito, ho anche immaginato che la mia collaborazione potesse essere destinata a terminare subito, lasciandomi senza stipendio e pure con la macchina appena acquistata da pagare». Ma le parole del Ceo, Pietro Barteselli, sono state diverse da quelle che si aspettava: “Pensa solo a curarti“.
Giuseppe è un analista funzionale con specializzazione nel web design. «Per i primi sei mesi ho percepito la malattia pagata dall’Inps, pari all’80 per cento del trattamento ordinario ma il cancro mi aveva nel frattempo messo alle corde. Nell’arco di poche settimane da quando l’ho scoperto, al Cro di Aviano, uno degli Istituti tumori migliori in Italia, hanno aggiornato lo stadio dell’aggressività: dal secondo al quarto. Mi sono sottoposto a sei cicli di chemioterapia, con tutti gli effetti collaterali: perdita di capelli e peso, confusione, depressione, gastrite acuta che ha richiesto svariati accessi d’urgenza in Pronto soccorso», dice oggi a La Stampa.
«Temevo che a quel punto mi avrebbero congedato e non gliene facevo nemmeno una colpa. Custodivo al massimo la speranza che potessero conservarmi il posto. Ma ciò che è successo mi ha lasciato strabiliato: “Pensa solo a curarti”, mi hanno detto il Ceo e la responsabile delle risorse umane: noi ti aspettiamo e ti paghiamo lo stipendio pieno fino a quando sarai guarito, contiamo su di te, ce la farai”. Da aprile a oggi ho ricevuto il massimo della retribuzione che potevano assegnarmi rispetto alla mia seppur minima anzianità di servizio. E proprio mercoledì sono tornato al lavoro, perché ho ricevuto la sospirata risposta dall’oncologo: il tumore è in fase di completa regressione».
Adesso il suo lavoro in parte cambierà, dice il giovane: «Inizio con un part-time perché sono ancora debilitato e devo anche guidare circa settanta chilometri al giorno. Ma non vedevo l’ora di tornare al lavoro. Mi sembra il modo migliore per riprendere la mia quotidianità e per ringraziare chi mi ha sempre sostenuto. Ho trascorso 14 mesi da incubo, in ansia, ma adesso che sono guarito voglio dare un messaggio ai miei coetanei: esistono realtà fantastiche che guardano oltre il profitto che un individuo possa generare».
E conclude con queste parole: «Malgrado queste compagnie siano molto grandi, non sei un numero, ma sei una persona da mettere al centro della politica dell’azienda. Li ho informati solo oggi della mia intenzione di rendere pubblica la mia storia, non volevo tradire la loro fiducia. Assieme alla famiglia, agli amici friulani e ai parenti salernitani dei miei genitori, sono stati una specie di angeli custodi sul decorso della mia malattia, facendo pure da psicologi nei momenti più bui».
Fonte immagine in evidenza: open.online
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