Un ristorante giapponese di Roma, Goya, nascondeva una storia di caporalato e di scarse norme igieniche, nonostante dall’esterno e per l’arredamento si presentasse come un locale normale.
Sembrava un locale come tanti, il ristorante giapponese Goya sulla Nomentana, ma nel retrobottega è stato trovato cibo avariato e ventinove dipendenti sfruttati, pagati seicento euro per dodici ore di lavoro, tra cui un minorenne e un ragazzo cinese costretto a dormire in strada. Una decina di agenti del distretto di San Basilio e i funzionari dell’Ispettorato del Lavoro hanno fatto irruzione nel locale, senza allarmare i clienti. L’unico ad allarmarsi è stato il titolare del ristorante, un imprenditore cinese che era alla cassa insieme alla moglie, che ha subito precisato che avevano tutti i documenti in regola. Quando gli investigatori hanno iniziato a controllare è emerso che la posizione lavorativa dei camerieri era irregolare. Su trentanove addetti alla ristorazione, ventinove lavoravano in nero. Tra i lavoratori sfruttati, cinesi, bengalesi e indiani, c’era anche un ragazzino di sedici anni.
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