Si pensa ad una possibile connessione tra il caso Abedini, l’ingegnere iraniano dei droni arrestato a Malpensa, e quello di Cecilia Sala, la giornalista italiana arrestata a Teheran e rilasciata la scorsa settimana.
La vicenda inizia all’incirca un mese fa, il 16 dicembre 2024,quando Mohammad Abedini Najafabadi, 38 anni, viene arrestato all’aeroporto di Milano Malpensa dall’FBI e portato immediatamente nel carcere di Opera.
Le autorità statunitensi ne chiedono l’estradizione, accusandolo di “esportare sofisticati componenti elettronici in Iran“, in violazione delle normative statunitensi contro l’Iran. Difatti i componenti sarebbero stati la causa della morte di tre soldati americani durante un attacco in Giordania lo scorso gennaio.
L’Iran nega e respinge le accuse come “infondate“. Lo stesso Abedini, il 31 dicembre, si proclama innocente: “Non sono un terrorista“.
Appena tre giorni dopo, il 19 dicembre 2024, viene arrestata in Iran la giornalista italiana Cecilia sala. Per lei, l’accusa è di aver “violato le leggi“ della Repubblica Islamica dell’Iran.
Così facendo, le vicende si intrecciano inevitabilmente. Solo dopo settimane di trattative, l’8 gennaio 2025, la giornalista Cecilia sala è stata liberata ed è tornata in Italia.
Prima della liberazione della stessa Cecilia Sala, il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, aveva voluto chiarire dei passaggi, escludendo qualsiasi “diplomazia degli ostaggi“ spiegando che “l’Italia non è competente per il procedimento penale di questo iraniano. C’è stato un mandato di cattura e poi si vedrà l’estradizione, sarà la magistratura a decidere. Al momento è trattenuto in carcere ma con tutte le garanzie che spettano a un detenuto non italiano“.
Aggiungendo, in seguito, che l’Italia sta valutando i presupposti per l’estradizione di Abedini.
Le coincidenze tra l’arresto della giornalista e quello dell’ingegnere Abedini fanno pensare a una sorta di ritorsione iraniana, ma la Repubblica Islamica non tarda a rispondere. Il 7 gennaio, infatti, l’Iran ribadisce che l’arresto di Cecilia Sala a Teheran “non è una ritorsione” legata alla detenzione in Italia di Abedini.
Il 9 gennaio, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ribadisce che si tratta di “due vicende parallele ma non congiunte“. Spiegando, tra l’altro, che per il momento è opportuno non parlare di domiciliari e braccialetto elettronico per Abedini dal momento che a breve “è fissata un’udienza“.
Ieri, 12 gennaio, il Guardasigilli annuncia di aver “depositato alla Corte di Appello di Milano la richiesta di revoca degli arresti per il cittadino iraniano“. Aggiungendo le seguenti motivazioni: “In forza dell’articolo 2 del trattato di estradizione tra il Governo degli Stati Uniti d’America e il Governo della Repubblica italiana, possono dar luogo all’estradizione solo reati punibili secondo le leggi di entrambe le parti contraenti, condizione che, allo stato degli atti, non può ritenersi sussistente“.
Lo stesso Ministro della Giustizia italiano, aggiunge: “La prima condotta ascritta al cittadino iraniano di ‘associazione a delinquere per violare l’IEEPA’ non trova corrispondenza nelle fattispecie previste e punite dall’ordinamento penale italiano. Quanto, alla seconda e alla terza condotta – rispettivamente di ‘associazione a delinquere per fornire supporto materiale ad una organizzazione terroristica con conseguente morte’ e di ‘fornitura e tentativo di fornitura di sostegno materiale ad una organizzazione terroristica straniera con conseguente morte’ – nessun elemento risulta a oggi addotto a fondamento delle accuse rivolte emergendo con certezza unicamente lo svolgimento, attraverso società a lui riconducibili, di attività di produzione e commercio con il proprio Paese di strumenti tecnologici avente potenziali, ma non esclusive, applicazioni militari“.
Fonte immagine in evidenza: fanpage.it
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