Durante il pontificato di Papa Francesco si sono accesi asti e inasprite le relazioni con la Chiesa americana. Ora, dopo la sua triste dipartita, si osserva il suo rapporto con il lato politico della Chiesa oltreoceano.
Il pontificato di Papa Francesco, da molti considerato progressista, si è spesso scontrato con la chiesa nord-americana. Le posizioni pro-migranti soprattutto hanno causato attrito con i cristiani americani che, negli ultimi tempi, si sono sempre più avvicinati alla destra conservatrice.
Infatti, molti dei funzionari e ministri della nuova amministrazione si dichiarano cristiani. Più di un terzo del gabinetto di Trump, infatti, sono affiliati alla Chiesa.
“C’è una forte sensazione che la Chiesa sia come una nave senza timone” accusava il cardinale Raymond Burke, uno dei critici più aspri di Francesco. Burke, infatti, lo criticò per la sua posizione poco ortodossa nei confronti dei divorziati e degli omossessuali.
Ma Burke era solo uno dei tanti che pensavano che il Pontefice stesse portando la comunità cristiana in una direzione quasi eretica. Poco dopo i commenti del cardinale Burke, Papa Francesco lo rimosse dal suo incarico di prefetto di un tribunale vaticano e lo mise a carico di una posizione largamente cerimoniale.
Un altro aspro critico era il primo ambasciatore nominato da Papa Francesco negli Stati Uniti, l’arcivescovo Carlo Viganò. Il quale lo criticò amaramente per come aveva condotto il caso McCarrik, accusato di abusi sessuali su minori.
Nel 2023, Papa Francesco ha espresso opinioni dure nei confronti del ramo americano. Parlando a un gruppo di gesuiti durante la Giornata Mondiale della Gioventù a Lisbona, ha lamentato l’”arretratezza” di alcuni conservatori americani e ha messo in guardia su ciò che accade quando “le ideologie sostituiscono la fede”.
A queste critiche sono susseguite azioni. Difatti, Papa Francesco licenziò prima Joseph Strickland, vescovo di Tyler, in Texas, ennesimo oppositore delle riforme al dogma. Poi, punì nuovamente Burke allontanandolo dal Vaticano.
Francesco interruppe un periodo di lunga amicizia con la chiesa americana. I suoi predecessori, Benedetto XVI e Giovanni Paolo II erano molto più affiliati alla Sorella oltreoceano.
Molti dei problemi che stavano a cuore a Francesco sono in contrapposizione con la ricca Branca americana. Per esempio, problemi come il cambiamento climatico, l’accettazione degli omosessuali e la fratellanza con gli immigrati.
L’apparato mediatico americano, però, è inarrestabile, dichiarando che un vero papa non può insegnare eresie. La Chiesa americana stessa sembra destinata a muoversi ancora più a destra, più di tre giovani sacerdoti su quattro si descrivono come teologicamente conservatori.
Nonostante l’astio tra gli alti esponenti americani, i cattolici del nuovo mondo mantengono un’opinione alta dello scomparso pontefice anche se sempre di meno rispetto agli scorsi anni.
Il Papa ha sempre avuto diverbi con il controverso presidente americano, soprattutto sul trattamento dei migranti da parte dell’amministrazione.
Nel 2016 Francesco criticò Trump per la sua ossessione nel costruire il muro a confine col Messico: “Un uomo che pensa solo a costruire muri, e non ponti, ovunque egli vada non è cristiano” dichiarò Francesco.
Per risposta Trump disse “che era orgoglioso di essere cristiano” e “che nessun leader, specialmente uno religioso, può permettersi di mettere in dubbio la fede di un altro uomo” aggiungendo inoltre che quando “L’ISIS avrebbe attaccato il Vaticano, avrebbe rimpianto l’aiuto di Trump“.
Oppure mentre Trump ritirava gli Stati Uniti dagli Accordi di Parigi, Francesco pubblicava l’enciclica ” Laudato Si’”, enciclica nel quale il Papa parla della interconnessione tra crisi ambientale della Terra e la crisi sociale Umana.
Ma la presa di posizione più diretta nei confronti dell’amministrazione Trump arrivò il 10 febbraio 2025. Il pontefice scrisse una lettera alla Conferenza dei vescovi degli Stati Uniti. Nella lettera Sua Santità ricordava ai membri del clero americano di mostrare “rispetto e dignità nei confronti degli immigrati” e di come “Gesù e la sua famiglia avessero subito l’esilio“.
Paragonò il percorso dei migranti al “cammino dalla schiavitù alla libertà compiuto dal popolo d’Israele, così come narrato nel libro dell’Esodo”. Inoltre, condannava l’inizio dei programmi di deportazione di massa ” deportare le persone che in molti casi hanno lasciato la loro terra per ragioni di estrema povertà, sfruttamento, persecuzione, o deteriorazione dell’ambiente, danneggia la dignità di molti uomini e donne e intere famiglie” esortò “tutti i fedeli della Chiesa cattolica, come anche tutti gli uomini e le donne di buona volontà, a non cedere a narrative che discriminano e causano inutili sofferenze ai nostri fratelli e sorelle migranti e rifugiati”.
Giorgio Zagami
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