“Ubi maior, minor cessat!”: crediamo che cominciare da questa frase, oggi, sia davvero l’ideale. Per chi non conoscesse il significato della frase latina su citata, essa significa, letteralmente, “dove vi è il maggiore, il minore decade” (fonte: Wikipedia). Con questo s’intende dire che situazioni importanti, spesso, richiedono la collaborazione di forze che non avremmo mai immaginato di adoperare in determinati contesti; specialmente per la propria efficacia che, nella normalità, contribuisce ad altro. Nel caso del Coronavirus, per l’appunto, la sanità mondiale sta facendo l’impossibile pur di adottare qualsivoglia misura al fine di salvare quante più vite possibili. E a regalarci un’idea alquanto geniale, in tal proposito, adesso è Massimo Temporelli, imprenditore che, da vent’anni, si occupa di innovazione tecnologica.
Purtroppo, come sappiamo, il servizio sanitario sta facendo i salti mortali per riuscire a reperire quantità di mascherine e presidi medici utili, soprattutto, alle terapie intensive per i pazienti contagiati dal Coronavirus; oltre che, in generale, alle persone che debbano recarsi a fare la spesa, in farmacia o in ospedale per motivi di tutt’altra natura. In particolare, l’idea in questione sarebbe nata dall’unione di un maker, Cristian Fracassi, creatore dell’azienda bresciana Isinnova, e Renato Favero, ex primario dell’Ospedale di Gardone Valtrompia. Nello specifico, si tratta di utilizzare delle comuni maschere da snorkeling, facilmente acquistabili in negozi di articoli sportivi come Decathlon, e adattarle, attraverso l’aiuto della tecnologia 3D, alla medicina. Come? Stampando in tridimensione una valvola, applicarla alla maschera su detta e trasformarla, quindi, in una maschera respiratoria d’emergenza per la terapia sub-intensiva.
Una volta messisi in contatto con i proprietari di Decathlon Italia, questi ultimi non c’hanno pensato su due volte e hanno inviato ben 20 maschere per il progetto in questione, e aiutare a combattere il Coronavirus. Giorni fa, non a caso, all’ospedale Chiari di Brescia si accusava l’esaurimento di valvole Venturi, quelle, ovvero, che mettono in collegamento il paziente di turno con l’ossigeno. Data la disarmante carenza, e a causa del fatto che l’azienda produttrice non fosse in grado di equipaggiare, anzitempo, l’unità ospedaliera, Fracassi e la sua equipe hanno realizzato – per mezzo della reverse engineering – la preziosa valvola. 100 campioni sono stati mandati in stampa, rifornendo, quindi, l’intero nosocomio. E nel frattempo, anche Temporelli si è mosso in tal senso, fornendo il prototipo alla FabLab affinché ne ricreasse di altri, e approvvigionando, di conseguenza, gli ospedali di Milano che, purtroppo, ne hanno grossa esigenza.
Tuttavia, non è l’unico, questo, l’aiuto che la tecnologia a tre dimensioni ha riservato all’emergenza. Infatti, da giorni in rete è stata creata una piattaforma in cui, attraverso il download del file peculiare, se possidenti di una stampante 3D è possibile riprodurre, fai-da-te, le mascherine, attualmente, introvabili. Per di più, la Wasp, azienda sita in provincia di Ravenna, ha di recente esibito le sue mascherine con filtri intercambiabili e un casco di protezione dalle goccioline – quest’ultimo, secondo gli esperti, unico nel suo genere. Non solo in Italia, comunque, si sta lavorando per dare manforte alla medicina nazionale e internazionale contro il Coronavirus, poiché in America – come riportato da Wired – sono numerosi i progetti che, grazie all’Open Source, concedono ad altre aziende di riprodurne di fedeli all’originale – rispettando, sempre e comunque, le specifiche –, e anche se definita “poco ortodossa” come sperimentazione, “ubi maior, minor cessat” spiega tutto.
Anastasia Gambera
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