BOLOGNA – In città il livello degli homeless è sempre più alto, ogni anno si registrano ulteriori aumenti di persone che finiscono sulla strada a mendicare. In centro, nella popolare via D’Azeglio, in cui viveva il cantante Lucio Dalla, all’incrocio con via Marescalchi troviamo Rafael Antonio Quevedo, il clochard che sfida i passanti a giocare a scacchi. Nato a Bologna, da madre italiana e padre spagnolo, a quaranta anni e con una laurea in Economia e Commercio in tasca si è trovato a vivere per strada provando a racimolare qualche spicciolo. La sua postazione è sempre quella, se ne sta accucciato all’angolo della via con un libro e con la scacchiera davanti aspettando che qualcuno arrivi a sfidarlo per una partita in cambio di qualche moneta. Non tutti gli lasciano qualcosa «giocano e non lasciano niente, ma io non chiedo soldi, è la mia regola» è quanto afferma. I commercianti della via e i cittadini bolognesi lo conoscono e lo aiutano come possono. Antonio ha vissuto tre anni da vero e proprio homeless, dormendo sulle scalinate del palazzetto di basket del Paladozza in condizioni difficili insieme ad altri mendicanti.
Dopo aver rotto i ponti con la famiglia, Antonio ha provato a mantenersi andando a lavorare prima da McDonald’s e poi facendo il portiere all’Hotel Baglioni, ma con la crisi è rimasto senza lavoro e senza casa. Saltuariamente fa l’imbianchino con un suo amico, ma non lavorano molto, ora sembra aver trovato un posto nella comunità di padre Anselmo in via Ferrarese, un piccolo rifugio sicuro che lo accoglie. Se gli si chiede come sia la vita dalla parte dei più poveri, lui risponde: «nessuno farebbe mai questa scelta se non obbligato, non mi ero reso conto di quanto fosse difficile la convivenza tra mendicanti, pensavo ci fosse un codice d’onore, invece è un cane che si mangia la coda, ti viene continuamente offerta eroina e alcuni la accettano per superare il freddo e la fame, ma allo stesso tempo è un mondo fatto di eccezionale umanità». Poche settimane fa, Antonio ha tenuto un monologo intitolato “Scacco Matto” al Teatro Navile sotto le due Torri, ha raccontato di sé e di come gli sia venuta l’idea degli scacchi «Volevo dare qualcosa in cambio a chi faceva l’elemosina, così ho sfruttato la passione per gli scacchi, ho imparato giocando con mio padre quando avevo sei anni e ho frequentato anche il circolo scacchistico in via de’ Poeti vincendo persino qualche trofeo». Un’idea alquanto innovativa, sono in molti a fermarsi, gli stranieri incuriositi, studenti di passaggio tra una lezione e l’altra, qualche bambino con la mamma, anche signore anziane che non giocano, ma gli lasciano sempre monete, qualche cosa da mangiare o vestiari. Qualcuno gli ha prestato anche un PC per poter scrivere i romanzi su cui sta lavorando, uno di fantascienza e uno sulla sua vita di strada da cui ha preso spunto per il proprio monologo. Quando vi troverete in centro e vi andrà di fare una bella partita a scacchi sapete a chi potrete rivolgervi, Antonio vi aspetta e vi accoglie con un sorriso.
Elisa Mercanti
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