Cresce il fenomeno dei figli non voluti, li chiamano adolescenti rifiutati. Adottati da bambini, cresciuti diventando adolescenti problematici e rifiutati dai genitori subiscono un doppio abbandono e spesso le loro storie si tingono di un nero finale. L’ adozione fallisce per cento famiglie l’ anno.
Le relazioni umane sono intricate, complicate, fragili, impegnative e spesso malate. Per guarirle a volte non basta una vita. Siamo tutti figli. Molti hanno visto morire i loro genitori senza guarire mai la loro relazione, altri sono stati abbandonati, altri amati, altri ancora disprezzati. Tutti a proprio personale modo hanno cercato di imparare ad amare. Ormai nel 2018 è superfluo sottolineare che i figli, di sangue o adottivi, appartengono solo al mondo e a sé stessi, eppure oggi più che mai tanti figli si vedono trattare come progetti personali, da disprezzare, accantonare e abbandonare se non perfettamente conformi alle aspettative del genitore.
Il sentimento del bene, paradossalmente, non è in discussione esiste e cerca di tenere testa alla mente, alla rabbia alla delusione e impedire crudeli abbandoni, ma, statistiche alla mano una volta ogni tre giorni, fallisce. Così accade che un bambino o un adolescente tanto desiderato e cercato, ottenuto in adozione sia rifiutato, receduto. La legge (n°184 del 4 Maggio 1993 e successive modificazioni) lo consente, ma spesso per i ragazzi è un dramma insormontabile, tanti cadono nel vortice della droga o si danno all’alcool.“Tu non sei come il figlio che avrei voluto!”. Problemi caratteriali, disagi adolescenziali, liti genitori figli e il rapporto si deteriora. Le parole dette in momenti di rabbia e tensione possiedono spesso un fondo di verità sono lo specchio di ciò che in un momento difficile si crede e si vive e possono avere l’ effetto di spilli conficcati nella pelle, per restare indimenticate.
Qualche volta le scuse e il perdono guariscono la relazione, altre volte i genitori adottivi decidono di revocare la patria podestà e affidare nuovamente il proprio pargolo al Tribunale che lo dichiara nuovamente adottabile, lo appoggia nelle case famiglie in attesa di una nuova richiesta di adozione della maggiore età. Molti di questi ragazzi rotti dentro come solo chi ha sentito questo rifiuto sa non si adatteranno mai più alla vita familiare, il trauma profondo subito è in loro così cogente che non sarà più possibile per loro creare un legame familiare sincero. I genitori che decidono oggi di adottare un figlio sono persone ammirevoli e generalmente particolarmente generose.
Il percorso per l’ adozione è straordinariamente impegnativo nella pratica ma anche emotivamente. Chi adotta e vince la gioia di poter abbracciare il proprio figlio deve essere disperato, davvero disperato per tornare anni dopo sui propri passi. Le Istituzioni, le comunità, i servizi sociali preposti dovrebbero essere più presenti e curvi verso di loro, abbracciare i conflitti aiutando a superare le rotture e guarire i rapporti. Tanto già si fa , ma se le statistiche indicano numeri in aumento, tanto si deve fare ancora. I numeri di questo fenomeno in aumento sono incerti. Non si parla spesso di questo argomento e le motivazioni di tale silenzio sono ben intuibili. I numeri che possediamo li dobbiamo ai dati raccolti dall’ Istituto degli Innocenti di Firenze che informa e fa ricerca per il Ministero delle politiche sociali e per la Commissione delle Adozioni Internazionali.
Ad ogni modo dagli operatori del settore sappiamo che negli ultimi dieci anni in Italia ci sono state 50.000 adozioni circa e di queste circa 1500 sono fallite e risoltesi in recessi di figli. Lo scrittore Claudio Crepaldi autore di un meraviglioso libro intitolato “Sono tuo figlio” descrive bene cosa sia un recesso, un abbandono in una storia che è, un racconto delle nostre origini, della nascita, della crescita e del dramma del rifiuto e che sollecita tutti, genitori e figli, sui modi possibili per creare la migliore relazione umana di cui siamo capaci. Una storia molto dolorosa che cerca una strada personale di redenzione e riscatto, un approdo legittimo sulle sponde della felicità.
La Dottoressa Amanda Penel ha affermato: “ Nessuno mi aveva mai detto che avere dei figli mi avrebbe catapultato in un viaggio dentro me stessa.” Ecco forse la parte difficile del ricostruire e guarire le relazioni umane risiede nella capacità e la volontà di mettersi in discussione, sbagliare, cambiare idee e progetti, cadere, rialzarsi, accettarsi. Sarà certamente capitato a tutti, nel momento di peggiore stato fisico e mentale, di desiderare di essere amati incondizionatamente, senza giudizio, senza se e senza ma, essere amati e basta, avvolti d’ amore nei periodi più bui in cui a mostrarsi erano solo i lati bestiali e non trovare questo amore in nessuno. Ma è proprio la consapevolezza che se in certi momenti siamo tutti soli allora siamo insieme in questo a spingerci a coltivare questo amore, a offrirlo a chi ne ha bisogno perché come è scritto nel libro ebraico del Talmud: “ Quando insegni a tuo figlio, insegni al figlio di tuo figlio”. Perciò non è inutile o vano spendersi in scuse o aiutare genitori e figli in difficoltà. Anzi farlo alimenta la speranza che i rifiuti, gli abbandoni, i “ragazzi scassati” di oggi non saranno i genitori disperati di domani.
Gilda Angrisani
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