Monta la protesta dopo che un giudice nella città di Cork, il 6 novembre scorso, ha assolto un uomo di 27 anni accusato di stupro perché la sua vittima di 17 anni indossava un tanga, ritenuta un’istigazione provocante.
La protesta è arrivata sino in Parlamento, dove la politica Ruth Coppinger ha mostrato un tanga di pizzo durante una seduta parlamentare chiedendosi, come riporta Il Fatto Quotidiano: «Perché non è stato fatto ancora nulla per fermare i soliti stereotipi sugli stupri durante i processi? Come pensa di agire il governo sulle possibili future vittime?». Intanto infuria l’hashtag di protesta “This is not consent”, dove migliaia di donne stanno mostrando la loro biancheria intima in segno di dissenso. Dalle scale del tribunale irlandese dove è stata emessa la sentenza, la protesta si fa vivida, con cartelli, urla e migliaia di tanga esposti.
Molti sono i casi dove è la vittima ad essere pubblicamente esposta alla gogna mediatica e non solo, molti i casi di shaming alla vittima sia in Italia che all’estero. Illazioni e interpretazioni che si ripercuotono sulla vittima sono ancora troppo frequenti, il sessismo non è solo una questione “femminile”, dovrebbe interessare ed essere combattuta giorno per giorno nel proprio piccolo, da chiunque, in ogni tipo di ambiente. Perché una persona, di qualunque sesso, non riesce a trovare conforto, sensibilità e clemenza nei media e nei tribunali ma da “presunta vittima” diventa “assoluta colpevole”?
Serena Borrelli
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