Negli ultimi giorni, uno dei casi che più ha infiammato l’opinione pubblica è stato il tragico suicidio del ventenne Seid Visin. Il ragazzo è stato ritrovato nella propria casa di Nocera Inferiore il 4 giugno, sono bastate poche ore affinché il caso balzasse agli onori della cronaca, anche alla luce di un lungo sfogo su Facebook, inizialmente interpretato come “testamento spirituale”, in cui il giovane lamentava l’essere stato vittima di episodi (più o meno manifesti) di discriminazione razziale e la sofferenza che, conseguentemente, egli pativa.
In men che non si dica, si sono scatenate orde di commenti indignati da parte di svariati soggetti in vista fra cui il giornalista Roberto Saviano. Quest’ultimo, riferendosi ad alcuni esponenti di destra ha affermato: “Un giorno farete i conti con la vostra coscienza, perché la sadica esaltazione del dolore inflitto ai più fragili prima o poi si paga”. Tra gli altri, ha commentato anche l’ex calciatore Claudio Marchisio a detta del quale: “Facciamo tutti schifo” cui si accoda anche l’ex Presidente della Camera Laura Boldrini: “Sentiva il peso infame dello sguardo del razzismo. Mi auguro che anche una ‘certa’ politica rifletta sulle conseguenze delle sue sprezzanti parole”.
Tuttavia, col passare delle ore, sono emersi alcuni elementi in grado di smentire la primissima ricostruzione della vicenda avanzata dai media. Infatti, il padre adottivo del compianto Seid, Walter Visin, ha affermato: “Mio figlio non si è ammazzato perché vittima di razzismo. E’ sempre stato amato e benvoluto, stamane la chiesa per i suoi funerali era gremita di giovani e famiglie. La lettera (spacciata per ultime volontà e condivisa su Facebook, ndr) è stata scritta tanti anni fa. Mio figlio lottava contro le discriminazioni razziali di tutti i generi. Non faceva niente per sé, faceva per gli altri. Fu uno sfogo, era esasperato dal clima che si respirava in Italia. Ma nessun legame con il suo suicidio, basta speculazioni. Non è giusto che il nostro dolore sia strumentalizzato dalla politica italiana. NO! Il nostro dolore merita rispetto.”
Il signor Visin ha, quindi, invitato la politica (senza fare alcuna distinzione fra destra e sinistra), a non strumentalizzare in qualsivoglia maniera il nome del figlio, sottolineando che il tragico gesto del suicidio di Seid non sia stato dettato dal razzismo, aprioristicamente e acriticamente indicato come impersonale e indefinito “colpevole” della vicenda, bensì da una serie di tormenti interiori che, crescendo, hanno iniziato ad attanagliare il ragazzo, come ribadito dalla madre adottiva Maddalena, in un’intervista all’emittente locale Telenuova.
Infatti, secondo il racconto della donna, ad un’infanzia felice e spensierata, ha fatto seguito un periodo buio in cui Seid ha iniziato a ricordare in maniera più lucida alcuni frammenti della propria vita in Etiopia: “Non voleva neanche sentir nominare l’Etiopia, non voleva saperne nulla. Ha sempre dichiarato in giro di essere nato in questa famiglia. È stato felice finché è stato un bambino. Quando ha iniziato a crescere gli è tornato addosso tutto il passato, ha iniziato a essere più riflessivo, ha iniziato a vivere un disagio.”
Tali difficoltà, peraltro, sarebbero stato acuite dall’isolamento sociale conseguito alle misure resesi necessarie per contrastare il COVID-19 che ha stravolto le vite e le abitudini di tutti, dall’inizio del 2020. “Se ne stava chiuso 24 ore su 24 in una stanza nello studentato (Seid studiava giuripsrudenza alla Statale di Milano, ndr). Quello che dobbiamo fare è non lasciare i ragazzi da soli, devono stare insieme, socializzare.”
Seid Visin, in base al quadro tracciato dai genitori, era un ragazzo molto sensibile e sempre pronto a battersi per le cause sociali, come testimoniano, ad esempio, le liti in classe per le adozioni da parte delle coppie omosessuali, l’empatia in occasione delle notizie di naufragi di migranti nel Mediterraneo, le lotte contro qualsiasi forma di discriminazione che, fra le altre cose, il padre vorrebbe venissero portate avanti, a mo’ di omaggio allo spirito del figlio in un progetto associativo che porti il suo nome finalizzato ad aiutare i giovani: “ad essere forti. Noi adulti, la politica, non siamo bravi, siamo egoisti. I giovani quindi devono essere forti per lottare come ha fatto Seid”.
Insomma, al di là quanto sia stato immediatamente strombazzato dopo la morte del ragazzo, il suicidio di Seid Visin dovrebbe far concentrare sul perché un ragazzo così intelligente, disinteressato e sensibile abbia deciso di togliersi la vita ad una così tenera età. É forse causa dell’eccessivo individualismo che caratterizza la nostra epoca, in cui siamo tutti così vicini (“grazie” ai social) ma, allo stesso tempo, così lontani da chi, paradossalmente, è fisicamente accanto a noi?
È forse causa dell’incapacità di comunicare dovuta anche al bombardamento di sticker, emoticon ed emoji e forme di espressione dai 140 caratteri in giù che mina e livella verso il basso il dialogo tra gli esseri umani?
Oppure, forse, è causa di una società che, nel mirare solo al profitto, ai freddi numeri e al risultato finale tratta gli individui come se fossero i prodotti di un’azienda e si disinteressa totalmente del percorso vitale di una persona, non interrogandosi sulle specificità che la contraddistinguono e su quelli che possono essere i traumi (più o meno considerevoli) che ne influenzano l’esistenza?
Con ogni probabilità, non avremo mai una risposta certa e, come ha giustamente affermato il padre di Seid: “Non voglio parlare delle questioni personali di mio figlio. Dico solo che era un uomo meraviglioso.”
Tuttavia, ciò non esclude che, anche e soprattutto al fine di evitare che altri giovani possano trovarsi nella situazione dello sfortunato ragazzo, per via della difficoltà a comunicare o ad essere capiti o, semplicemente, a trovare il proprio posto in una società che, piuttosto che valorizzare chi è dotato di una certa sensibilità, sembra quasi calciarlo via dall’inarrestabile treno in corsa che è la vita, il suicidio di Seid Visin possa far sì che la comunità stessa (intesa come società civile, classe politica e mass media), invece di lanciarsi in estemporanei proclami, dinanzi a siffatti eventi, si interroghi e agisca in maniera strutturale, aspirando al recupero di una dimensione empatica che, al giorno d’oggi, sembra quasi irrimediabilmente perduta, facendo sì che chiunque possa sentirsi accettato e cercando di metterlo nelle condizioni di esprimersi per ciò che è, invece che l’ennesimo “droide protocollare” di una società che vuole tutti fatti e finiti in tempistiche prestabilite e con percorsi che sembrano copia-incollati in maniera asettica.
Fonte foto: Profilo Facebook di Seid Visin
Christian Ferreri
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