CATANIA — Un romanzo in cui raccontarsi, emozionarsi ed emozionare. Tra Dublino e Piazza Maggiore è questo e molto altro: è un libro in cui tutti, anche in minima parte, possiamo ritrovarci; in un’ambientazione non troppo lontana dalla nostra (siamo negli anni ’90), ma che culturalmente è anni luce distante. È un mix di sentimenti, sensazioni e avventure, che danno l’impressione di avere a che fare con un enorme calderone in grado, parola per parola, lettera per lettera, di frammentarsi cambiando la percezione per ogni singolo lettore.
Abbiamo incontrato Paolo Reitano, 20 anni, nonché autore del libro prima menzionato. Tra la vita universitaria, un’associazione alle spalle e una passione che si concretizza già in giovane età, questo ragazzo dai mille impegni, nato a Trieste, ma fiero cittadino della tanto amata Catania, si è raccontato ai nostri microfoni, per parlare del suo primo lavoro al grande pubblico, ma, soprattutto, per raccontarsi.
Il primo romanzo è un po’ come il primo bacio: non si scorda mai. Cosa ti ha spinto a coronare questo piccolo sogno e quanto di tuo c’è in questo racconto?
«Confermo: un’emozione unica sotto tanti aspetti. Devo, però, fare una precisazione: non è il mio primo romanzo. Cominciai a scrivere da bambino e a 16 anni ho terminato il mio primo vero “lavoro”, dal titolo provvisorio “Occhi di smeraldo”. Sicuramente ancora acerbo per l’editoria. Per il resto, la scrittura è uno dei mezzi di espressione più potenti che abbiamo e per quanto sia convinto che il dibattito e il confronto siano strumenti fondamentali, anche ciò che scriviamo è una traccia del nostro vissuto e del nostro pensiero. “Tra Dublino e Piazza Maggiore” rappresenta un viaggio, fisico e introspettivo, che ho affrontato come autore in prima persona e che il protagonista, un ragazzo senza nome, ha condotto nella sua vita. Rappresenta un processo di maturazione importante, focalizzato sulla consapevolezza di sé e degli altri. Protagonista implicito di questo romanzo è l’ambientazione: Bologna e l’Europa di fine anni Novanta, l’aria di cambiamento e al contempo la sofferenza, il degrado, l’incertezza del futuro, elementi che caratterizzano la mia generazione come quella descritta nel libro, ma con fattori diversi. Non c’è alcuno smartphone, nessun messaggio su Facebook e Whatsapp, nessuna immagine catturata su Instagram e Snapchat. La spasmodica voglia di abuso di questi strumenti della mia generazione mi ha portato a immaginare una storia in cui tutto ciò non esiste, pensando a come fosse vivere intensamente ogni attimo della vita senza una suoneria o una vibrazione costante. Cosa c’è di mio? Tutto e niente. È una biografia interiore che rasenta l’incomprensibile, in cui tutti possono sentirsi rappresentati da un protagonista che corre, viaggia, ride e piange».
Tra Dublino e Piazza Maggiore non è solo un libro, ma anche un brano musicale, di un amico e compagno di vita. Cosa puoi dirci in merito?
«Era l’estate del 2014, avevo appena terminato i primi capitoli. La stesura ha richiesto due anni esatti e il contributo di Francesca Casaburi, che ha scritto alcuni passi del romanzo, e di Simone Bellavia. Mattia Spanò, un grande amico con cui condivido la passione per la musica e per la scrittura, da qualche giorno aveva una melodia in testa, ma non riusciva a scrivere nulla. Mi chiamò una sera per chiedermi un testo, qualcosa di scritto che avrebbe potuto dargli ispirazione. Gli dissi: “Guarda, l’altro giorno ho scritto due pagine, dimmi cosa ne pensi”. Io a Catania, lui a Crotone. Erano due pagine del libro e in meno di un giorno riuscì ad arrangiarle con alcuni aggiustamenti metrici. Così, nacque la canzone omonima “Tra Dublino e Piazza Maggiore”, che racchiude, seppur in parte, alcuni tratti importanti del libro. La coralità di questo progetto, di questa idea, si realizza anche nel book trailer, realizzato da Antonio Giunta, fotografo e videomaker, studente all’Accademia delle Belle Arti, con la collaborazione di Orazio Claudio Sciuto. In altri termini, il volume non è veramente mio, ma di tutti coloro che hanno lasciato una traccia nella mia vita».
Un’associazione alle spalle, il presente da universitario e un futuro da scrittore. Ci sono altri progetti, in cascina, per l’anno venturo?
«Da questo mese e per tutto il 2017 penserò a promuovere la mia esperienza nelle scuole. Già il 29 novembre io e Mattia saremo alle Ciminiere, ospiti del Liceo “M. M. Lazzaro”. Abbiamo voglia di raccontare sia il libro che la canzone, dentro e fuori la Sicilia. Già siamo stati ospiti a Ragusa, grazie al prezioso aiuto di Riccardo Crinò, presidente della Consulta provinciale ragusana. Vorremmo incentivare tanti nostri coetanei a mettersi in gioco, a provarci, a rischiare tutto per i loro sogni, coltivando le loro passioni. Per il momento ho fra le mani un’altra storia, stavolta realmente accaduta, ambientata in Sicilia dal 1943 ai giorni nostri. Sto prendendo il tempo che mi serve per strutturarla al meglio, sarà tutto meno che “una storia semplice”. Vorrei continuare il servizio iniziato con Catania Care, l’associazione che ho fondato da aprile, tesa al miglioramento del territorio e al coinvolgimento giovanile. Il futuro è un punto interrogativo, ciò che riserverà non è dato saperlo. Un vecchio amico, però, mi dice sempre che non importa come vadano le cose: l’importante è avere una storia da raccontare e un paio di amici con cui condividerla».
Francesco Mascali
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Proprietario, editore e vice direttore di Voci di Città, nasce a Catania nel 1997. Dopo aver conseguito il diploma scientifico nel 2015 intraprende gli studi universitari presso il dipartimento di Giurisprudenza di Catania. Ama viaggiare, immergersi nelle serie tv e fotografare, ma sopra tutto e tutti c’è lo sport: che sia calcio, MotoGP o Formula 1 non importa, il week-end è qualcosa di sacro e intoccabile. Tra uno spazio e l’altro trova anche il modo di scrivere e gestire un piccolo giornale che ha tanta voglia di crescere. Da aprile 2019 è un giornalista pubblicista iscritto regolarmente all’albo professionale. La sua frase? «La vita è quella cosa che accade mentre sei impegnato a fare altri progetti»