Nonostante i momenti di gioia dovuti alla sua liberazione, Cecilia Sala prova un senso di colpa o come dice lei «il senso di colpa dei fortunati». Questo perché la giornalista è invasa dal rimorso che le rimane appiccicato addosso da quando è ritornata a essere una donna libera. Anche se la reporter italiana è ora lontana dal carcere di Evin, ripensa sempre alle migliaia di persone che sono ancora prigioniere.
I detenuti della prigione di massima sicurezza dell’Iran, sono in buona parte oppositori politici. Per loro sfortuna, però, non ci sarà nessuna mobilitazione dei media o dei governi che potranno aiutarli. Proprio nel giorno in cui c’è stata la svolta, ovvero la decisione che ha fatto si che la giornalista ritornasse in Italia, le autorità iraniane hanno confermato definitivamente la condanna a morte di altri tre detenuti del carcere di Evin.
Mercoledì 8 gennaio, mentre Cecilia Sala veniva liberata, la Corte Suprema di Teheran ha confermato l’esecuzione di Pakhshan Azizi, Behrouz Ehsani e Mehdi Hassani. Decine di prigionieri politici iraniani cercano in tutti i modi di far sentire la loro voce, così da riuscire a far smettere il continuo massacro che avviene ormai da tempo. I prigionieri in una lettera chiedono al mondo intero di non voltare la testa dall’altro lato, e far finta che non stia accadendo niente, di fronte alle atrocità che sta commettendo il popolo degli Ayatollah.
«Mentre continua le sue politiche interne ed estere fautrici di crisi, il sistema di potere in Iran cerca soluzioni tramite la crescente repressione nelle sfere sociali, politiche e culturali» si legge nella lettera firmata da ben 68 prigionieri politici di diverse prigioni del Paese. Solamente nel 2024 Teheran ha messo a morte oltre 1.000 persone. Questo equivale a quasi il 75% di tutte le esecuzioni nel mondo.
«Non è solo una statistica, è un metodo per silenziare gli oppressi, mantenere un’atmosfera di terrore nella società». Da ormai quasi un anno molti detenuti hanno aderito ad una campagna collettiva di scioperi della fame, così da tenere alta l’attenzione sulla piaga della repressione e delle condanne a morte.
Ieri il ministro degli Esteri francese ha convocato l’ambasciatore iraniano a Parigi, iniziando così a protestare per la detenzione di tre cittadini francesi nella prigione di Evin.
Fonte dell’immagine: open.online
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