Quando qualcosa sta davvero a cuore al genere umano, esso lavora giorno e notte al fine di trovarvi una soluzione. Ed è proprio quello che sta accadendo con il nostro, ormai, compagno di vita attuale: il Coronavirus. Soprattutto medici e infermieri, per l’appunto, fanno orari di lavoro interminabili, e tutto, per salvare vite umane che, purtroppo, continuano ad ammalarsi senza sosta. Aumentano i decessi, ma aumentano, in prevalenza, le guarigioni, fattore che lascia ben sperare in una riuscita anticipata. Proprio per questo, all’università di Utrecht, in Olanda, un gruppo di ricercatori guidato dal luminare Chunyan Wang ha scoperto, e definito, il primo farmaco in grado di mettere fuorigioco l’affezione – dopo il Ramdevisir, rimedio validissimo per l’ebola, ma in fase di sperimentazione poiché ritenuto essenziale anche per il Covid-19.
Come riporta Fanpage, nello specifico, si tratta di un anticorpo monoclonale che riesce, al 100%, a riconoscere la proteina Spike – veicolo utilizzato dal Coronavirus per penetrare le cellule del sistema bronchiale, invaderle e riprodursi –, disarmandola. E nonostante siffatto rimedio sarebbe stato identificato per curare la Sars, oggi, lo si sta collaudando al fine di sconfiggere questo nemico; alla resa dei conti, meno aggressivo della sua antenata, ma trattabile con gli stessi farmaci. Si presume, infatti, che una volta superati i molteplici test che una terapia in fase di sperimentazione deve attraversare, questo anticorpo monoclonale sia la panacea migliore contro il Coronavirus. D’altronde, al momento, ogni spiraglio di luce rappresenta una forma di speranza che potrebbe condurre al successo; e se la speranza è davvero l’ultima a morire, siamo sulla buona strada.
Anastasia Gambera
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