Due rider di Torino hanno deciso di intraprendere un’azione legale contro la piattaforma di consegne Glovo, denunciando le molestie verbali e le discriminazioni subite durante il loro lavoro. Le lavoratrici erano vittime di commenti e battute sessiste all’interno di un gruppo interno chiamato “Veteran“, in cui chi ne faceva parte godeva di privilegi lavorativi.
Erika, madre di due figli, era riuscita ad accedervi ma il prezzo da pagare erano i messaggi e le battute a sfondo sessuale. Uno degli esempi riportati da Il Fatto Quotidiano mostra la gravità della situazione: “Guardo il calendario ma non capisco come tu non me l’abbia ancora data“.
Erika ha spiegato come si sia trovata in una situazione difficile: “Non volevo rischiare di perdere quei vantaggi così importanti per poter lavorare e prendermi cura dei miei figli“. Il responsabile del gruppo “Veteran” minimizzava le avances dicendole: “Lo sai che scherzo“. Erika, pur riconoscendo la realtà della situazione, cercava di ignorarla per non perdere il posto.
Amelia, l’altra rider coinvolta, ha raccontato la sua esperienza con un’amara delusione: “Guido la bici meccanica da decenni, ho iniziato a Londra dove questo lavoro era bellissimo. Speravo di trovare lo stesso in Italia, invece mi sono ritrovata schiava di un algoritmo e di un sistema di punteggi che ti condiziona come la ludopatia“. La continua speranza di ricevere notifiche di consegna per pochi euro rende il lavoro logorante e precario.
Anche Amelia era stata ammessa nel gruppo “Veteran”. Prima lavorava per Foodora e stava valutando un’azione legale contro l’azienda, ma l’acquisizione da parte di Glovo l’aveva portata a cambiare idea. Una volta dentro il gruppo, i membri le chiedevano informazioni sulla causa e sulla sua avvocata, Giulia Druetta, come se volessero usarla come infiltrata.
Le difficoltà lavorative non si limitavano alle molestie verbali. Amelia è stata costretta a lasciare il lavoro a causa di un’aritmia cardiaca, aggravata dallo stress e dalle difficoltà imposte dal sistema di assegnazione delle consegne. Ha raccontato anche di essere stata derisa dai colleghi per l’uso della sua bici meccanica, che la poneva in svantaggio rispetto a chi aveva scooter o biciclette con pedalata assistita.
Oltre alle molestie ricevute nel gruppo, Erika ha spiegato di essersi trovata in situazioni pericolose, come consegne in luoghi isolati e richieste insistenti da parte di alcuni clienti di entrare nelle loro abitazioni. Dopo la pubblicazione del primo articolo sulla vicenda, le due rider hanno ricevuto insulti e pressioni dai colleghi del gruppo “Veteran” che le accusavano di aver parlato pubblicamente.
Secondo quanto riportato, Erika, essendo madre, “avrebbe dovuto capire” ed evitare di denunciare le avances, mentre Amelia è stata insultata con termini offensivi e denigratori.
La vicenda ha acceso i riflettori sulle condizioni lavorative precarie e sulla cultura sessista presente in alcune realtà del settore delle consegne a domicilio. Le due rider sono ora pronte a portare il caso davanti alla giustizia, nella speranza di ottenere un cambiamento concreto e maggiore tutela per le lavoratrici del settore.
Foto Fonte in Evidenza: Open
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