Notizie sconfortanti e sicuramente anacronistiche agli occhi di molti, quelle recentemente riferite da uno dei periodici report di Nessuno Tocchi Caino. L’associazione dalle origini belghe che, come lo stesso nome suggerisce, persegue l’obbiettivo di garantire e tutelare la giustizia senza ricorrere alla vendetta ha reso noto il macabro quadro relativo al sistema penale nordcoreano. Il regime di Kim Jong Un, infatti, secondo quanto pubblicato dal Transnational Justice Working Group a Seoul, avrebbe fucilato presunti criminali in luoghi pubblici, compresi mercati e scuole.
Lo scopo primario, come è chiaro, è quello di disseminare terrore, instaurando un «clima di paura» come affermato dallo stesso rapporto. Quest’ultimo ha tenuto conto delle testimonianze di 300 rifugiati che si sono ritrovati spettatori delle fucilazioni di regime. «Nelle aree ordinarie al di fuori del sistema carcerario, i nostri intervistati hanno affermato che le esecuzioni pubbliche avvengono presso gli argini dei fiumi, nei letti dei fiumi, nei pressi dei ponti, negli stadi sportivi pubblici, nei mercati locali, nei campetti scolastici ai margini della città o in montagna». I capri espiatori di una politica evidentemente non curante dei diritti umani sono sia coloro che si sono macchiati di gravi reati, ma anche soggetti che hanno lievemente disobbedito alla legge, ad esempio, rubando riso. Furti, omicidi, sfruttamento, stupri sono dunque equiparati sul piano della pena, quella che non lascia scampo.
La pena di morte, come noto, è fulcro centrale, tutt’oggi, di accesi dibattiti che vedono scontrarsi in una diatriba ancora lontana dalla fine, coloro che attribuiscono primato alla funzione general preventiva del diritto penale e chi, invece, a quella rieducativa. Se costituzionalmente il nostro ordinamento, come molti, la ripudia, lo stesso non può dirsi di altri Paesi: tra questi non mancano tuttavia quelli che stanno proseguendo verso un’attenuazione di quell’eccessivo rigorismo, in linea con un più vicino rispetto della dignità umana. In Iran, ad esempio, è stato approvato un ddl che dovrebbe permettere di salvare la vita a 5.000 prigionieri, riducendo la pena di morte per i reati di droga.
I casi di pena capitale, però, non capitolano e gli episodi da poter riportare sono in ogni momento storico numerosi. Basti pensare ai 13 condannati a morte in Egitto per aver ucciso la guardia del corpo di Hisham Ramez. Il processo in questo caso ha attenzionato anche il coinvolgimento degli imputati nel furto del veicolo della vittima: le accuse riguardavano perciò omicidio, abusi, furti e la detenzione di armi da fuoco senza licenza. Tutto questo perché nel XXI° secolo si può ancora morire per punizione.
Concetta Interdonato
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