La Polizia di Stato, su proposta congiunta del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo e del Questore di Palermo, ha dato esecuzione al decreto del Tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione, con il quale ha disposto nei confronti di Giuseppe Sansone, 73 anni, il sequestro di un’impresa edile di proprietà di un congiunto, ubicata nel comune di Palermo in zona Uditore, nonché di diversi rapporti finanziari intestati all’uomo e ai suoi familiari, per un valore di circa 1 milione di euro.
La caratura criminale di Sansone, in qualità di esponente di spicco della famiglia mafiosa di “Uditore”, storicamente inserita nel mandamento mafioso di “Passo di Rigano – Boccadifalco”, emerge sin dagli anni novanta, quando lo stesso è stato destinatario della sentenza irrevocabile di condanna per il reato di associazione di stampo mafioso.
In particolare si rileva il suo ruolo di soggetto stabilmente inserito nel sistema di spartizione degli appalti dell’organizzazione mafiosa cosa nostra, nonché di uomo di fiducia del boss Salvatore Riina per il quale si è messo a disposizione durante la sua latitanza anche come autista.
Infatti, in seguito alla cattura del boss di cosa nostra Salvatore Riina, avvenuta nel 1993, durante la perquisizione effettuata all’interno dell’abitazione presso la quale lo stesso ha trascorso l’ultimo periodo di latitanza, sono stati ritrovati appunti manoscritti con riferimenti anche ad altri membri della famiglia Sansone.
L’indiscussa pericolosità di Giuseppe Sansone è stata sancita negli anni ‘90 anche dal decreto di applicazione nei suoi confronti della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno per 4 anni, nonché della confisca di beni, emessa anche nei confronti del fratello Gaetano, essendo stato riconosciuto come l’attività imprenditoriale dei due fratelli fosse funzionalmente collegata a manifestazioni di condizionamento mafioso per l’aggiudicazione dei pubblici appalti.
Il ruolo operativo di Giuseppe Sansone emerge dalle indagini passate come da quelle recenti, a testimonianza della sua influenza imprenditoriale esercitata con continuità dagli anni ‘80/’90 fino ad oggi, caratterizzata dall’utilizzo della forza intimidatoria esercitata da cosa nostra nel campo degli affari in special modo nel campo dell’edilizia.
In particolare la società, oggetto di odierno sequestro, costituita nel 2006 da Giuseppe Sansone unitamente alla coniuge, nel 2008 è stata trasferita a un congiunto, nonostante lo stesso non disponesse dei redditi sufficienti per fare fronte all’investimento necessario per l’acquisto delle quote della società stessa. Inoltre, gli esiti delle attività di captazione telefonica nel corso delle indagini hanno consentito di accertare che, anche dopo la cessione dell’azienda, la gestione di fatto della stessa è rimasta pienamente in capo a Giuseppe Sansone, il quale ha continuato, infatti, ad occuparsi di procacciare lavori alla società, di decidere in ordine all’acquisto dei beni strumentali e all’assunzione degli operai, nonché di curare i rapporti con i clienti ed i fornitori.
Sulla base dell’acclarata e persistente pericolosità del soggetto, caratterizzata dalla sua stabile partecipazione al sodalizio mafioso, l’Ufficio Misure di Prevenzione Patrimoniali della Questura di Palermo ha avviato le indagini patrimoniali che hanno permesso di individuare i beni oggetto dell’odierno sequestro, formalmente intestati ai familiari, ma di fatto riconducibili al predetto che, in virtù della sua posizione di spicco all’interno di cosa nostra, ha potuto investire ingenti capitali, frutto di illecita provenienza, per l’acquisizione di tali beni.
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