Sono circa 500 oggi in Australia i diversi popoli aborigeni che vivono in particolar modo nella penisola di York e lungo le coste nord-occidentali. Seppur il folclore degli autoctoni è stato ridimensionato e sconvolto irreversibilmente dall’arrivo, sul finire del ‘700, dei conquistatori europei e sempre più frequenti sono quelle esistenze vissute in bilico tra tribù e città, sono molti a vivere ancora in spazi naturali incontaminati custodendo con cura e rispetto tradizioni primitive.
L’economia degli indigeni è basata su caccia e raccolta. Utilizzano pietre per costruire utensili da lavoro e legno per le armi, tra cui il tipico boomerang. Si cimentano in caratteristiche danze cerimoniali e si «orientano cantando» canta a sua volta, non a torto, Jovanotti. Presso questi cultori del passato esiste, infatti, una dimensione temporale sospesa tra il presente e il Dreamtime: il tempo mitico della creazione in cui ogni cosa è stata espressa dagli antenati con canti, gesti e parole. Gli aborigeni necessaria la ritualizzazione degli antichi eventi per evitare, dunque, il sopraggiungere di un decadimento completo. È per questo motivo che nel ricalcare le antiche Vie dei Canti, ripetono le parole e i suoni degli antenati. Conoscono e chiamano (o meglio cantano) ogni roccia o corso d’acqua come stessero leggendo una partitura musicale.
A partire dalla colonizzazione le popolazioni originarie hanno subito numerosi abusi. Avvinghiandosi al principio razzista terra nullius, abolito solo nel 1992, ad esempio, gli inglesi hanno immediatamente portato avanti l’espropriazione delle loro terre. È solo negli anni ’50, poi, che è stata attuata l’operazione oggi nota con il nome di Generazione Rubata che ha visto strappare piccoli aborigeni alle loro famiglie per essere affidati ai bianchi. Nonostante le scuse poste da Kenya Rudd, a nome del Paese, per i fatti commessi, l’integrazione, la risoluzione delle condizioni di degrado in cui vivono gli aborigeni che si sono trasferiti in città e la sconfitta del razzismo sembrano, però, ancora lontani.
La scorsa settimana, infatti, la TV australiana, tramite il programma di giornalismo investigativo Four Corner, ha trasmesso un video in cui appaiono minori incappucciati, maltrattati, denudati o legati per ore su delle sedie, o tenuti in isolamento per settimane dalle guardie del carcere Don Dale di Darwin. Circa il 95% dei giovani detenuti sono proprio aborigeni. Secondo Amnesty International, invero, i bambini indigeni hanno 26 volte più probabilità di finire dietro le sbarre rispetto a tutti gli altri, in un contesto di lacune educative, alto tasso di disoccupazione e abuso di sostanze. Per Elaine Pearson, direttore di HRW per l’Australia il caso rappresenta «un classico esempio di cosa non fare con i giovani in difficoltà». «Uso eccessivo della forza, isolamento sono barbari e disumani; coloro che commettono questi abusi devono rispondere delle loro azioni» ha denunciato.
Il carcere minorile in questione ha proprio in questi giorni, inoltre, fatto discutere per il lancio di lacrimogeni su alcuni detenuti che tentavano la fuga: dieci esplosioni in un minuto e mezzo che hanno messo al tappeto i fuggiaschi e colpito le celle vicine. «Sono profondamente scioccato e inorridito», ha detto il primo ministro Malcolm Turnbull che ha aperto un’indagine dopo aver visto le immagini trasmesse dalla ABC, emittente nazionale. «Creeremo una Commissione reale su questi eventi – ha dichiarato – in questo centro. Intendiamo farlo in maniera congiunta con il governo del Territorio del Nord. Serve un’inchiesta, dobbiamo agire in fretta, andare a fondo e far emergere quanto accaduto, far emergere quella cultura che ha permesso che succedesse e rimanesse nascosto per così tanto tempo». Gli episodi divulgati solo il 25 luglio, risalgono, infatti, al 2014 e al 2015.
E mentre l’UNICEF si è subito espressa contro tali pratiche di isolamento, denudamento e uso ingiustificato della forza, sottolineando che possono essere considerati atti di tortura, è stata diffusa una lettera in cui Voller, uno dei ragazzi maltrattati, ringrazia tutti gli australiani per il supporto. «Voglio cogliere quest’occasione per scusarmi con la comunità per i miei sbagli. Non vedo l’ora di uscire e rimediare». L’avvocato O’ Brien ha detto che attualmente Voller è detenuto in una prigione per adulti, ma dovrebbe essere rilasciato immediatamente: «L’impatto di questi anni di sevizie deve essere subito valutato e Dylan necessita di assistenza immediata. Ogni ragazzo rinchiuso in isolamento nel Northern Territory deve essere subito liberato».
Concetta Interdonato
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