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Black Lives Really Matter? Riflessione oltre la genuflessione
14 Luglio 2021
Attualità

Black Lives Really Matter? Riflessione oltre la genuflessione

Home » Attualità » Black Lives Really Matter? Riflessione oltre la genuflessione

Gli Europei di calcio appena conclusi hanno consegnato agli annali il trionfo dell’Italia (che mancava dal 1968) e, in generale, sono stati un bel manifesto per il calcio e l’intero movimento sportivo, soprattutto, dopo quasi due anni di stadi vuoti e silenziosi. Oltre al responso del campo, però, la competizione è stata contrassegnata da alcune polemiche fra le quali risaltano il mantenimento della finale a Wembley, nonostante l’aumento esponenziale dei casi di contagio da coronavirus e, soprattutto, la triste e futile polemica sull’inginocchiamento dei giocatori prima del fischio di inizio, in ossequio al movimento Black Lives Matter che ricorda la tragica scomparsa di George Floyd, afro-americano ingiustamente ucciso da un poliziotto statunitense più di un anno fa.

Tra squadre che si sono sempre inginocchiate, squadre parzialmente inginocchiate, squadre che non si sono mai inginocchiate e squadre che si inginocchiavano a seconda del comportamento adottato dagli avversari, a un certo punto, occupava maggiormente il dibattito la questione genuflessione sì/genuflessione no che ciò che accadeva durante i novanta minuti, con il picco di polemiche tra gli ottavi e i quarti di finale.

L’Inghilterra, finalista perdente del torneo, che annovera tra le proprie fila svariati giocatori di colore, è stata tra le squadre che si sono sempre inginocchiate; è proprio per questo che desta scalpore il fatto che, in seguito ai calci di rigore sbagliati proprio da tre giocatori di colore (Marcus Rashford, Jadon Sancho e Bukayo Saka), costoro siano stati travolti da insulti di carattere razzista.

Infatti, i loro account social sono stati tempestati da messaggi a sfondo razzista e da emoji a forma di scimmia (il cui significato, purtroppo, è palese) e un murales di Manchester che ritrae Rashford (che gioca nello United) è stato vandalizzato con frasi razziste, prontamente già coperte.

Naturalmente, i vertici delle istituzioni politiche e sportive hanno contestato e aspramente criticato quanto accaduto, dal Premier inglese Boris Johnson che, su Twitter, ha scritto: “I giocatori della Nazionale Inglese meritano di essere trattati da eroi e non di essere ricoperti da insulti razzisti sui social media. I responsabili di questi spaventosi abusi dovrebbero vergognarsi di se stessi.” al Principe William il quale ha dichiarato: “Sono nauseato, è inaccettabile che alcuni giocatori debbano subire questi comportamenti abominevoli. Questi episodi di razzismo devono finire ora e tutti coloro che ne sono responsabili devono risponderne.”

La UEFA, poi, con un tweet, ha rincarato la dose: “La Uefa condanna con forza i disgustanti insulti razzisti rivolti a diversi calciatori dell’Inghilterra sui social media dopo la finale dell’Europeo, per i quali non c’è spazio nel calcio né nella società. Sosteniamo la richiesta dei giocatori e della Federazione inglese per punizioni dure il più possibile.”

Desta un sorriso amaro il fatto che a ricoprire di insulti i giocatori siano stati quegli stessi tifosi inglesi che, fino a pochi giorni prima, stigmatizzavano il comportamento delle altre Nazionali che non si inginocchiavano prima delle altre partite o delle quali non tutti i calciatori si mettevano in ginocchio, come ostasse la battaglia sottesa al Black Lives Matter; alla luce di quanto accaduto dopo la finale, infatti suonano vane le polemiche sul compimento o meno di un singolo gesto, ormai, quasi del tutto svuotato di significato nel momento in cui sembra essersi trasformato in una “moda” o in un rituale quasi obbligatorio alla pari della stretta di mano con la squadra avversaria, perdendo di vista ciò che il gesto dovrebbe rappresentare e cioè la lotta senza sé e senza ma al razzismo che dovrebbe essere connaturata in ogni singolo essere umano e che, sfortunatamente, continua a non essere condivisa da tutti.

Del resto, risulta improbabile che gli errori dal dischetto degli sfortunati calciatori inglesi abbiano di per sé risvegliato istinti xenofobi nei tifosi d’Oltremanica. Evidentemente, erano atteggiamenti già insiti in costoro e che andrebbero prevenuti e combattuti in maniera diversa dalle sterili polemiche mediatica sull’inginocchiarsi o meno.

La lotta al razzismo, insomma, oltre che al lancio di slogan in stile Black Lives Matter, dovrebbe attenere più ad una sfera educativa e culturale e svolgersi, prima ancora che sui campi da calcio o di qualsiasi altro sport, sui banchi di scuola in modo tale da evitare che si trasformino concetti imprescindibili per una società civile degna di tal nome come il rispetto per il diverso, l’uguaglianza sostanziale e l’assenza di discriminazioni razziali in vuote mode da seguire in maniera acritica e non consapevole, come è stato dimostrato dagli incoerenti e ipocriti tifosi inglesi.

Non ha alcun senso invocare l’inginocchiamento o il compimento di qualsiasi altro gesto in maniera aprioristica se poi, purtroppo, continuano a verificarsi barbari e vergognosi atti di razzismo che violano in maniera profonda il rispetto e la dignità della persona che, famosa o meno, non può andare incontro ad un siffatto odio gratuito e ingiustificato, trasformando un momento gioioso come una finale di un’importante competizione sportiva in una brutta pagina da cancellare il prima possibile.

Christian Ferreri

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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