I tre corpi nudi sono stati messi da tre insegnanti delle elementari di Torino, l’idea dall’artista Andrea Villa. Quest’ultimo, con l’epiteto di Banksy di Torino, è un artista ventenne che, in questo caso si è messo in prima linea per solidarietà, per combattere il revenge porn e tutto ciò che ne consegue.
“È un progetto che vuole mettere in luce il problema del revenge porn e della discriminazione di genere”. Questa campagna si chiama #TEACHERSDOSEX ed è stata creata per sottolineare come le donne vengano spesso denigrate per la loro vita sessuale privata.
L’artista continua dicendo: “Ho chiesto a tre insegnanti delle elementari di inviarmi dei loro selfie senza veli, come se li volessero inviare al loro fidanzato. Poi li ho stampati ed affissi per strada. I loro corpi sono stati esposti al pubblico, così come nel revenge porn l’intimità viene violata e lasciata al pubblico ludibrio”.
Ovviamente, l’identità delle insegnanti è segreta.
“Molto spesso le donne vengono giudicate per la loro vita sessuale privata. Nel mondo dell’istruzione primaria vige l’ipocrisia che una donna non possa avere una sessualità, e le donne sono de-sessualizzate come individui – continua Villa – Una ragazza che ha partecipato a questo progetto ha detto che aveva timore ad andare a bere la sera per paura che qualcuno la fotografasse ubriaca e potesse cosi perdere il posto di lavoro. Spero di poter sensibilizzare con questa affissione sui pregiudizi sociali che affliggono da tempo la percezione della sfera privata femminile”.
Com’è possibile che le donne, nonostante i gradini che si sono conquistate nella scalata verso la parità di genere, siano ancora giudicate dai loro rapporti sessuali? (Spesso giudicate dalle donne stesse). Gli esami di coscienza è ancora un qualcosa che possiamo fare gratis: qual è il senso di giudicare la vita sessuale privata di un’altra persona?
La solidarietà che nelle ultime settimane abbiamo visto nei confronti dell’insegnate di Torino, non basta per poter cambiare un atteggiamento sociale radicato. Il pensiero che siano le donne a provocare l’abuso che subiscono resta un’idea ancora troppo consolidata. Perché se una donna manda una foto nuda allora è una puttana, ma quando lo fa un uomo si tende a minimizzare l’accaduto con un “Bè si vede che voleva fartelo vedere”, come se fosse una cosa normale.
Le leggi possono essere sicuramente un passo avanti, ma la strada da fare nel collettivo è ancora lunga. Bisogna lavorare sull’educazione, la cultura paritaria e contrastare le differenze di genere. Se non c’è questo cambiamento collettivo, le vittime proveranno ancora quello che provano adesso: un’insensata vergogna.
Nicole Rastelli
Fonte foto: giornalettismo.com
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