Si celebra oggi 13 ottobre la Giornata Internazionale per la Riduzione dei Disastri Naturali, ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite per promuovere la conoscenza e la prevenzione delle catastrofi ambientali a livello mondiale. La giornata è stata inaugurata nel 1989 (anche se la sua dicitura attuale è stata scelta nel 2009) e da allora rappresenta un momento di riflessione sul ruolo dell’essere umano nel contenimento dei fenomeni naturali pericolosi per la sua vita. Un punto centrale, questo, del dibattito ecologico della contemporaneità: che si parli di riscaldamento globale e di influenza umana nel cambiamento climatico, oppure delle tragiche conseguenze della speculazione edilizia in occasione di terremoti, lo scontro centrale è sempre quello tra umanità e forze distruttive della natura.
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Secondo i dati dell’UNISDR, l’Ufficio delle Nazioni Unite per la riduzione dei disastri, tra il 2005 e il 2015 i disastri naturali hanno causato più di 700mila vittime, quasi 1,5 milioni di feriti e circa 145 milioni di sfollati: all’incommensurabile perdita umana si aggiunge poi quella economica, stimata intorno a 1,3 trilioni di dollari. Dati riferiti a un arco temporale di 10 anni che idealmente parte dall’Uragano Katrina e si conclude con il terremoto del Nepal del 2015, passando per il terremoto di Haiti del 2010 e il Ciclone Nargis.
Convenzionalmente, sono classificabili come catastrofi naturali eventi straordinari quali alluvioni, uragani, nubifragi, frane, terremoti e maremoti, tsunami, eruzioni vulcaniche, ondate di calore e altri eventi climatici anomali. La classificazione di epidemie e pandemie sotto la dicitura di disastri naturali in senso proprio è invece oggetto di discussione, a causa della più marcata componente antropogenica di questi eventi: un legame importante con la stretta attualità. Stesso discorso per quanto riguarda gran parte degli episodi di carestia e siccità dell’età contemporanea, nella quasi totalità dei casi esacerbati, quando non direttamente causati, dallo sfruttamento agricolo indiscriminato dei territori e dalle disuguaglianze nella disponibilità delle risorse alimentari tra Centro e Periferia del mondo globalizzato.
Agata Virgilio
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