Sebastião Salgado nasce in Brasile nel 1944; dopo essersi formato come economista e statistico, scopre l’amore per la fotografia durante un viaggio in Africa e finisce per diventare uno dei più grandi fotografi dei nostri tempi.
L’africa ha un ruolo centrale nella sua vita, perché è proprio durante la permanenza nel continente che decide di dedicarsi alla fotografia. Le misere condizioni di vita e i problemi del Terzo Mondo lo spingono a servirsi della macchina fotografica per testimoniare e sensibilizzare. Così, abbandona il suo lavoro e inizia a girare tutta l’Africa, immortalando scene e soggetti che caratterizzano il luogo e raccontano storie. Il suo obiettivo non è quello di capire perché quel luogo fosse in quella situazione di povertà, ma è quello di rappresentare l’Africa e i suoi abitanti. Di conseguenza, il fotografo non mostra solo la povertà e la miseria, ma anche la naturale bellezza del luogo con i suoi maestosi paesaggi.
«Il primo posto dove fotografare per me è ancora l’Africa; amo i suoi cieli, i deserti, le montagne, tutto è enorme e ogni volta che arrivo sento che sono a casa» – afferma Salgado.
Con l’avanzare della tecnologia, Salgado inizia a concentrarsi sulla relazione tra l’essere umano e il lavoro attraverso l’opera La Mano dell’uomo (1993).
Si tratta di una pubblicazione monumentale di quattrocento pagine accompagnata da una mostra presentata in oltre sessanta musei di tutto il mondo.
L’intento è quello di mostrare le difficili condizioni dei lavoratori e gli effetti distruttivi dell’economia di mercato nei Paesi in via di sviluppo; vengono mostrati luoghi come le miniere d’oro del Brasile, le miniere di zolfo dell’Indonesia, i pozzi di petrolio del Golfo Persico e molti altri.
«Incontro donne e uomini che lavorano ore al giorno, senza educazione, senza casa, senza una buona alimentazione, senza assistenza e senza scarpe; mi muove l’idea di raccontare i lavoratori e la loro dignità. Anche quando sono stato nei campi profughi non ho fotografato gente povera o disperata, ma persone. Io non ho mostrato i miserabili, ma gente che viveva in equilibrio e poi ha perso la casa, la terra e cercava un altro luogo dove vivere. Questa è la mia fotografia: rispettarli e mostrare una storia» – dice Salgado.
All’inizio degli anni ’90 Salgado inizia un nuovo viaggio di sette anni per il progetto In cammino. Nonostante le brutte situazioni già viste negli anni precedenti, il fotografo rimane traumatizzato dall’esperienza vissuta durante il Genocidio del Ruanda (1994): «Quello che ho visto durante il genocidio ruandese mi ha fatto perdere la fede nell’uomo e nel mondo; alla fine di questo percorso stavo male, la mia salute era a pezzi» – dichiara Salgado.
Questa brutale vicenda segna profondamente la vita e la carriera del fotografo, facendolo entrare in un periodo di crisi; è in questo momento che decide di abbandonare la fotografia e di tornare nel suo amato Brasile.
Tornato ad Aimorés dopo tanto tempo, Salgado decide di dedicarsi all’ambiente. La siccità e la mano crudele dell’uomo hanno portato una grande rovina ambientale; così, Salgado decide di iniziare un’opera di riforestazione nella proprietà dov’è cresciuto e attualmente vive.
All’inizio degli anni ’90 il luogo contava una piccola fattoria nel mezzo del nulla, ma grazie al suo amore per la natura, alla moglie Lélia Wanick e a volontari e amici, sono stati piantati quasi due milioni di alberi. Ciò ha permesso il ritorno di un ecosistema quasi scomparso; si conta il ritorno di circa cento settantadue specie di uccelli, trentatré mammiferi, quindici rettili, quindici anfibi e duecento novantatré specie di piante.
Questa esperienza positiva ispira il fotografo, il quale dà vita a un altro progetto, Genesi (2013); così, Salgado inizia a viaggiare in quei luoghi non ancora toccati dall’uomo per immortalare la vera natura. Si tratta di un’opera che simboleggia la rinascita e celebra il pianeta Terra.
Dunque, quella di Salgado è una fotografia vera, che ci vuole mostrare le cose così come stanno, senza tralasciare l’amore per la natura; il tema dell’ambiente è molto importante e ci riguarda tutti, per questo motivo bisogna imparare a rispettarlo.
Ilenia Mennone
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