La tecnologia è al lavoro, costantemente, per creare dispositivi in grado di semplificare la vita delle persone. Rendendosi, appunto, indispensabili. Nel caso di chi nasce, purtroppo, sordomuto, la vita è difficile, si devono sviluppare tutt’altri sensi, e riuscire a carpire i significati di qualunque cosa è (quasi) impossibile. In tal proposito, quindi, una delle fondatrici della startup IntendiMe, Alessandra Farris, durante l’evento denominato Contamination Lab – in cui si fondono (lo dice lo stesso nome) idee e competenze di qualsivoglia genere al fine di creare qualcosa d’innovativo –, tenutosi all’università di Cagliari, ha fuso le sue facoltà, e la sua esperienza di figlia di persone sordomute, con quella di Giorgia Ambu e Antonio Pinese, dando vita all’apparecchio che permetterà, a chi non sente, di farlo tranquillamente.
Come riportato da startupitalia, con KitMe (questo il nome del dispositivo), l’obiettivo prepostosi dai su detti ragazzi è quello di realizzare una tecnologia che riconosca ogni fonte sonora trasformandola in una notifica, dotata anche di vibrazione e illuminazione, per smartwatch. Nello specifico, l’attrezzatura in questione sarà dotata di: rilevatori da applicarsi a ogni tipo di suono (campanello, citofono, forno, eccetera), da trasportarsi ovunque si voglia in caso di spostamenti o traslochi; da uno smartwatch, e dall’applicazione appositamente concepita. Lo smartwatch capterà la fonte sonora in questione, ne farà visualizzare, sul dispositivo, il nome della stessa, e lo illuminerà secondo il colore affibbiato a quel determinato effetto acustico. Per di più, attraverso l’app, è concesso gestire più smartwatch in contemporanea, e i relativi suoni censiti.
Sveglia vibrante, cercapersone e la telefonata fra smartwatch, sono solo alcune delle funzionalità a cui stanno lavorando Alessandra, Antonio, Giorgia, e Leonardo Buffetti, ingegnere sordomuto, anch’esso unitosi al gruppo. Nondimeno, KitMe sarà dotato anche di un servizio clienti in cui lavoreranno sia persone sordomute che non (con l’obiettivo, appunto, di rendere facile la comunicazione con gli addetti secondo la propria esperienza). Non a caso, anche una videochiamata via smartwatch, servendosi del linguaggio dei segni, sarà consentita. E grazie a questo, sin dall’inizio della progettazione, Alessandra e company hanno, volontariamente, introdotto nello staff proprio i diretti interessati di KitMe, perché comprovassero da loro, non solo la bellezza e la facilità d’uso del dispositivo, ma anche quella del non sentirsi mai più esclusi perché definiti “diversi” (che poi, diversi da chi?).
Il fatto di aver ideato un qualcosa di accessibile a chiunque – sia a “nativi digitali” che non –, di aver incluso pure chi, secondo alcuni, non avrebbe capito se non prima di utilizzare KitMe, e di aver, addirittura, realizzato delle mascherine che rendessero ugualmente facile la comunicazione mediante il linguaggio dei segni (motivo per il quale, appunto, gli utenti in questione erano terrorizzati dal fatto di non potersi più capire), ha concretizzato, secondo il sogno di Alessandra Farris, quel mondo privo di barriere architettoniche che rendono, troppo spesso, impossibile la comunicazione persino fra chi, all’apparenza “sano”, non riesce, e riuscirà mai, a esprimersi se non per mezzo della violenza; verbale o fisica che sia.
Anastasia Gambera
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Articoli di proprietà di Voci di Città, rilasciati sotto licenza Creative Commons.
Sei libero di ridistribuirli e riprodurli, citando la fonte.
Ti piacerebbe entrare nella redazione di Voci di Città? Hai sempre coltivato il desiderio di scrivere articoli e cimentarti nel mondo dell’informazione? Allora stai leggendo il giornale giusto. Invia un articolo di prova, a tema libero, all’indirizzo e-mail entrainvdc@vocidicitta.it. L’elaborato verrà letto, corretto ed eventualmente pubblicato. In seguito, ti spiegheremo come iscriverti alla nostra associazione culturale per diventare un membro della redazione.