È giunto finalmente il momento di soffermarci sulle partite più belle e interessanti della settimana NBA, con un programma fitto di appuntamenti degni di nota. Come di consueto, dunque, risulta davvero complicato selezionare sole cinque sfide tra le tante in programma. Diamo un’occhiata alle gare selezionate, quelle da seguire a tutti i costi.
SPURS-CAVALIERS – Si comincia subito col botto: il primo duello della lista, infatti, mette di fronte due delle squadre più rappresentative delle due Conference, i San Antonio Spurs e i Cleveland Cavaliers, i primi quarti in classifica ad Ovest, i secondi terzi ad Est. La franchigia nero-argento sta attraversando un momento tutt’altro che semplice, probabilmente uno dei meno positivi degli ultimi anni, non tanto per ciò che concerne i risultati, quanto piuttosto per i tanti fortuni che hanno costretto spesso e volentieri Popovich a cambiare le carte in tavola. Poche settimane fa Kawhi Leonard sembrava essere sul punto di tornare stabilmente a disposizione, le sue prestazioni con minutaggio ristretto gli stavano restituendo fiducia e confidenza col campo, poi è arrivato un nuovo stop per la stella dei texani, senza la quale la squadra è totalmente, o quasi, nelle mani di Aldridge e Gasol, la cui esperienza risulta ancora a dir poco fondamentale per la causa nero-argento. Nella scorsa partita, persa per 94-86 contro gli Indiana Pacers all’AT&T Center, Tony Parker è partito dalla panchina per la prima volta dal 2010, venendo sostituito dal sophomore Dejounte Murray. Gli Spurs, insomma, devono ancora trovare un assetto definitivo, ma il loro cammino fino a questo momento è tutto sommato positivo, seppur con una marcia molto più bassa rispetto allo scorso anno: con 30 vittorie e 18 sconfitte, gli Speroni sono attualmente quarti nella Western Conference e tra le mura amiche risultano pressoché imbattibili (19-3).
A cambiare la tendenza ci proveranno i Cleveland Cavaliers, reduci da un periodo di forma tutt’altro che positivo: nelle ultime tredici partite, infatti, la franchigia dell’Ohio ha portato a casa la vittoria soltanto in quattro occasioni. La situazione in casa Cavs, insomma, è decisamente negativa e, secondo numerose indiscrezioni, a farne le spese potrebbe essere coach Tyronn Lue. Tale stato delle cose, inoltre, starebbe contribuendo a rendere ancor più vicino e concreto l’addio di LeBron James, sempre più perplesso dalla situazione e piuttosto dubbioso circa le reali potenzialità dei suoi, soprattutto in ottica playoff. The King, come di consueto, ha risposto alle domande in merito con molta schiettezza, dichiarando che se i Cavaliers dovessero continuare così, non riusciranno a superare nemmeno il primo turno dei playoff. Un’esagerazione, certo, ma che rispecchia pienamente le difficoltà di Cleveland, che nell’ultima gara giocata ha concesso 148 punti agli Oklahoma City Thunder alla Quicken Loans Arena: i Cavaliers non concedevano 140 o più punti dal 2002, anno in cui LeBron era ancora al college. Insomma, le due vittorie con Orlando e il successo con Portland non possono bastare per definire positivo l’inizio del 2018 per la squadra dell’Ohio: quello con gli Spurs, in questo senso, è un’ottima occasione per invertire in maniera significativa la rotta e dimostrare che, nonostante le difficoltà, la squadra è unita e compatta ed ha un’identità ben precisa.
LAKERS-CELTICS – Il secondo appuntamento da non perdere è quello che vede protagoniste le due squadre più vincenti della storia della lega, i Los Angeles Lakers e i Boston Celtics, rispettivamente 18 e 17 titoli vinti nel corso della loro gloriosa esistenza. Gloria che, da un lato, i gialloviola sono ancora ben lontani dal ritrovare, mentre dall’altro i verdi stanno dimostrando di poter inseguire senza alcun problema sin da subito. La corsa dei Lakers sembrava anche promettente, ma poi si è fatto male Lonzo Ball e la squadra di Luke Walton si è trovata a fare i conti con una lunga serie di sconfitte (dodici su tredici gare disputate tra metà dicembre e inizio gennaio), per poi interromperla con quattro successi consecutivi, di cui sei nelle ultime otto gare. La franchigia di L.A., in particolar modo, si è rivelata una squadra particolarmente difficile da affrontare quando gioca davanti al proprio pubblico, come dimostrano le nette vittorie con squadre del calibro di San Antonio Spurs (93-81), Indiana Pacers (99-86) e New York Knicks (127-107), dimostrando un ottimo atteggiamento in entrambe le fasi di gioco e sfruttando al meglio i propri punti di forza. Se è vero che la qualificazione ai playoff appare ormai un obiettivo quasi impossibile da raggiungere, è pur vero che i Lakers possono sfruttare questa stagione per continuare a far crescere i propri talenti e valorizzare i più esperti per poi scambiarne qualcuno, in modo da puntare, nella prossima free agency, ad un nome di rilievo che possa riportare la squadra agli antichi splendori.
Splendori che anche i Celtics sognano di trovare. Boston è ormai da tempo capolista ad Est, anche se nelle ultime partite ha palesato evidenti difficoltà, tanto da arrivare a collezionare tre sconfitte consecutive (non accadeva dalla scorsa regular season) e interrompere una striscia di sette vittorie di fila tra la fine di dicembre e l’inizio di gennaio, con tante vittime illustri, tra cui gli Houston Rockets, i Cleveland Cavaliers e i Minnesota Timberwolves. I ko riportati nelle ultime tre sfide disputate, tutti e tre davanti al pubblico del TD Garden, mettono in evidenza i tanti limiti di una squadra che, nonostante occupi senza particolari difficoltà la vetta della classifica della Eastern Conference, si sgretola spesso e volentieri sul più bello. Prima il ko all’overtime con i New Orleans Pelicans, quindi la prima sconfitta stagionale con i Philadelphia Sixers dopo tre vittorie in fila contro la franchigia della Pennsylvania e, infine, la brusca quanto rovinosa caduta con gli Orlando Magic, che prima di espugnare il TD Garden avevano vinto soltanto due delle precedenti diciannove gare giocate. Ciò non significa che i Boston Celtics non abbiano il potenziale per giocare dei buoni playoff e arrivare fino in fondo, magari approfittando delle difficoltà dei Cleveland Cavaliers e dell’inesperienza dei Toronto Raptors, anzi. Il lavoro di Brad Stevens è stato sin qui a dir poco encomiabile, ma la franchigia del Massachusetts dovrà per forza di cose fare ancora uno sforzo notevole per poter concorrere per obiettivi tanto prestigiosi.
THUNDER-WIZARDS – Tocca poi all’intrigante sfida tra due squadre piuttosto ballerine nel rendimento e nelle prestazioni, gli Oklahoma City Thunder e i Washington Wizards. I primi hanno inanellato una lunga serie di vittorie (sei nelle ultime nove gare disputate) dopo un avvio stagionale tutt’altro che incoraggiante, invertendo la rotta dopo un novembre da dimenticare, contraddistinto da nove sconfitte in tredici partite. Russell Westbrook ha continuato ad esprimersi sui suoi livelli abituali, con cifre che rasentano la tripla doppia di media, quella con cui lo scorso anno concluse la regular season e vinse il prestigioso riconoscimento di MVP. Ad aiutarlo ci sono Carmelo Anthony e Paul George, anch’essi protagonisti di una netta evoluzione rispetto all’avvio piuttosto altalenante. I tre, insieme, hanno spazzato via i Cleveland Cavaliers in trasferta nell’ultima gara disputata ed hanno dimostrato di poter formare un Big Three di gran livello. Menzione speciale anche per Steven Adams, che continua ad essere un giocatore particolarmente fondamentale per gli equilibri del gioco di OKC e a mostrare una crescita decisamente esponenziale. Se i Thunder dovessero riuscire a continuare su questa strada, potrebbero dire tranquillamente la loro anche ai playoff, magari anche migliorando l’attuale piazzamento in classifica (quinto posto con cui sfiderebbero al primo turno i San Antonio Spurs, non proprio una passeggiata).
Sulla loro strada si pongono i Washington Wizards, squadra rivelatasi pienamente in grado di tenere testa a franchigie ben più competitive, ma al contempo di poter crollare in maniera piuttosto clamorosa contro squadre inferiori (vedi recente ko interno con i Dallas Mavericks). La squadra della capitale fa sempre affidamento sull’efficace backcourt composto da John Wall e Bradley Beal, che anche quest’anno, col supporto di Otto Porter, stanno collaborando per portare i Wizards ai playoff. Finora le cose stanno andando tutto sommato in maniera positiva, anche se Washington deve ancora trovare la continuità necessaria per capire se potrà essere in grado di competere con le altre concorrenti per un posto in finale di Conference oppure se sarà costretta ad arrendersi sul più bello, come avvenuto lo scorso anno. Insomma, la squadra sulla carta sembra avere tutte le carte in regola per recitare il ruolo della guastafeste nei confronti delle prime tre squadre in classifica ad Est (Boston Celtics, Toronto Raptors e Cleveland Cavaliers) ed appare, per certi versi, più attrezzata delle altre squadre che lottano per i playoff nella Eastern Conference (Miami Heat e Indiana Pacers, tra queste). Quello che manca, dunque, è la continuità: i Wizards alternano ottime prove a prestazioni da dimenticare, e lo fanno con troppa frequenza, soprattutto quando John Wall e Bradley Beal (o anche soltanto uno dei due) non ingranano. Vedremo se contro i Thunder riusciranno a confermarsi un osso duro per le contender.
WARRIORS-TIMBERWOLVES – Dopo l’amara sconfitta subita in casa degli Houston Rockets, che ha interrotto la striscia positiva di quattordici vittorie consecutive in trasferta, i campioni in carica dei Golden State Warriors hanno due sfide piuttosto impegnative tra le mura amiche. La prima è quella contro gli ostici Minnesota Timberwolves: la squadra guidata da coach Thibodeau si è confermata un cliente piuttosto scomodo anche per avversarie più esperte, tanto che in molti la considerano la vera sorpresa di questa regular season. Dopo un’annata deludente, l’ennesima di una lunga serie dopo la cessione di Kevin Garnett nel 2007, infatti, i lupi di Minneapolis sono tornati a farsi sentire e il loro ululato fa tremare le altre squadre che puntano a qualificarsi ai playoff ad Ovest. Dai tanti giovani talenti che stanno compiendo passi da gigante nella strada che porta alla consacrazione (su tutti Karl-Anthony Towns ed Andrew Wiggins), all’ottimo innesto di Jimmy Butler, che ha reso i Timberwolves una squadra molto competitiva e in grado di tornare a competere per quei playoff che mancano da tanto, troppo tempo. Trattandosi di un progetto piuttosto impegnativo, però, è inevitabile che ci siano ancora delle crepe, ma l’ottimo coaching staff, Thibodeau in testa, sembrano avere la situazione sotto controllo e Minnesota può tranquillamente ambire a rimanere fino alla fine tra le prime tre-quattro squadre in classifica nella Western Conference.
WARRIORS-CELTICS – Alla franchigia della Baia toccherà poi il confronto, sempre alla Oracle Arena, con i Boston Celtics. Nell’unico precedente stagionale, i Leprechauns si sono imposti contro i campioni in carica davanti al pubblico del TD Garden, risultando una delle quattro squadre capaci di battere i Warriors in casa (le altre tre sono, nell’ordine, Memphis Grizzlies, Oklahoma City Thunder e Houston Rockets). Nonostante la Oracle Arena sia il suo fortino a tratti inespugnabile, insomma, Golden State è molto più vulnerabile quando gioca nel proprio stadio, come dimostrano le sei sconfitte in sedici gare disputate in casa, a fronte dei soli quattro ko in ventuno partite giocate lontano dalla Oracle Arena. A preoccupare i Boston Celtics, però, è soprattutto il fatto che gli uomini di Steve Kerr hanno il dente avvelenato dopo la sconfitta con gli Houston Rockets e non hanno affatto intenzione di perdere contro un’altra potenziale contender, ragion per cui cercheranno sicuramente di centrare un prezioso successo. Curry e Thompson, apparsi piuttosto inefficienti al tiro al Toyota Center, non vedono l’ora di riscattarsi, mentre Durant e Green punteranno a confermare le loro ottime prestazioni. Boston, dal canto suo, spera che almeno uno dei giocatori che compongono il Big Four dei Warriors viva una giornata no, ma è quasi impossibile che ciò si ripeta ben due volte nel giro di pochi giorni.
Dennis Izzo
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Coordinatore editoriale di Voci di Città, nasce a Napoli nel 1998. Nel 2016 consegue il diploma scientifico e in seguito si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza presso l’Università Federico II di Napoli. Tra le sue tanti passioni figurano la lettura, i viaggi, la politica e la scrittura, ma soprattutto lo sport: prima il calcio, di cui si innamorò definitivamente in occasione della vittoria dell’Italia ai Mondiali 2006 in Germania, poi il basket NBA, che lo tiene puntualmente sveglio quasi tutte le notti da ottobre a giugno. Grazie a VdC ha la possibilità di far coesistere tutte queste passioni in un’unica attività.
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