La Champions League è una competizione unica al mondo, uno di quei tornei in grado di regalare emozioni particolari e indescrivibili in ogni situazione, a rimanere intrigante e al passo coi tempi e con l’evoluzione incessante del mondo del calcio nonostante abbia oltre cinquant’anni di storia e il suo soprannome, la “Coppa dalle grandi orecchie”, tradisca questa sua affascinante e misteriosa modernità che si abbraccia perfettamente con la sua tradizione, seguendo un filo conduttore cui sono legati indissolubilmente campioni di ogni epoca e squadre che hanno scritto la storia della competizione.
Tra queste ultime figura anche e soprattutto il Liverpool, una di quelle squadre che dovrebbero esserci sempre tra le 32 partecipanti, al di là del raggiungimento della qualificazione alla fase a gironi tramite il piazzamento tra le prime quattro in Premier League, perché la sua gloriosa storia si sposa alla perfezione con quella di un torneo che ha alle sue spalle tradizione da vendere. Sin dalla prima edizione della rassegna continentale per club più importante e prestigiosa al mondo, i Reds hanno recitato un ruolo di primo piano, risultando una delle contendenti al trofeo più spietate e difficili da affrontare e portandosi a casa, fino ad oggi, ben cinque titoli.
Sul finire degli anni ‘70, il Liverpool era già una delle squadre più forti d’Inghilterra e non solo e si era già aggiudicato nove campionati, quattro Charity Shield, due FA Cup e altrettante volte aveva messo in bacheca la Coppa UEFA. Nel 1977 arriva anche il primo trionfo in Coppa dei Campioni, grazie al successo per 3-1 in finale contro il Borussia Mönchengladbach all’Olimpico di Roma. La squadra del Merseyside diventa così la seconda squadra inglese a portarsi a casa l’ambito titolo, seguendo il Manchester United di George Best, Bobby Charlton e Denis Law, che era riuscito nell’impresa dieci anni prima, battendo con un netto 4-1 il Benfica di Eusébio a Wembley.
Proprio a Wembley, tempio del calcio britannico, i Reds si impongono l’anno successivo ai danni del Club Bruges in finale per 1-0, conquistando per la seconda volta consecutiva la Coppa dei Campioni, grazie al gol decisivo di Kenny Dalglish, ex attaccante scozzese che ha trascorso gran parte della sua carriera al Liverpool, rimanendovi dal 1977 al 1990 (dal 1985 al 1990 ha ricoperto il doppio ruolo di giocatore-allenatore) e tornandovi nel 2011-2012, ad interim, conducendo i Reds alla conquista dell’ottava Coppa di Lega della loro storia.
Nel 1981, il Liverpool solleva al cielo di Parigi la terza Coppa dei Campioni della sua storia (1-0 contro il Real Madrid dell’allora centrocampista Vicente del Bosque, futuro campione del mondo e d’Europa da allenatore con le merengues e con la Nazionale spagnola, e guidato da Vujadin Boskov, futuro tecnico di Ascoli, Sampdoria, Roma, Napoli e Perugia), quindi, tre anni più tardi, espugna nuovamente l’Olimpico di Roma, stavolta proprio contro i padroni di casa giallorossi, riservando loro una doccia fredda sportivamente drammatica quanto indimenticabile, nell’accezione più negativa possibile del termine.
Per la Roma, infatti, quella finale persa in quella maniera, ai calci di rigore di fronte al proprio pubblico, rappresenta ancora una ferita aperta, anche perché i capitolini non hanno ancora avuto modo di rifarsi. Il Liverpool, dal canto suo, dopo le quattro vittorie nel giro di appena sette anni, ha dovuto attenderne ben ventuno per rimettere in bacheca la Coppa dei Campioni, che dal 1992 è denominata Champions League, mietendo un’altra vittima tricolore: dopo la Roma, infatti, nel 2005, ad Istanbul, tocca al Milan cadere in maniera beffarda al cospetto dei Reds, anche in questo caso ai calci di rigore, ma dopo essersi fatti rimontare un vantaggio di 3-0.
Nel corso della sua storia, la squadra del Merseyside ha partecipato a ben sette finali della Coppa delle grandi orecchie, perdendo in appena due occasioni, in entrambi i casi contro squadre italiane: nel 1985 contro la Juventus all’Heysel di Bruxelles (finale nota più per i tragici scontri che portarono alla morte di 39 persone e al ferimento di oltre 600 che per quanto avvenuto in campo) e nel 2007 contro il Milan ad Atene, una rivincita per i rossoneri dopo la beffa subita soltanto due anni prima. Dopo qualche anno trascorso ai margini della competizione più importante a livello continentale (una sola partecipazione dal 2010 al 2016, con tanto di eliminazione al primo turno), i Reds sono tornati a dire la loro in Champions League nell’edizione di quest’anno, in cui, tra fase a gironi e fase ad eliminazione diretta, sono attualmente ancora imbattuti.
Dopo aver superato senza particolari patemi d’animo il proprio girone con Siviglia, Spartak Mosca e Maribor (primo posto con 12 punti, frutto di tre vittorie e altrettanti pareggi), infatti, la squadra di Jürgen Klopp ha eliminato il Porto agli ottavi (5-0 in Portogallo e 0-0 in Inghilterra) e i connazionali del Manchester City ai quarti (vittorie per 3-0 ad Anfield all’andata e per 2-1 all’Etihad Stadium nella gara di ritorno), mentre nella semifinale d’andata ha stravinto il duello con la Roma, imponendosi con un 5-2 piuttosto eloquente davanti al proprio pubblico.
Nonostante ciò, vi è ancora chi nutre non pochi dubbi circa le possibilità di una squadra che viene vista ancora inferiore a tante altre big inglesi ed europee. Eppure anche i numeri danno ragione ai Reds, che ai nastri di partenza del torneo non erano affatto considerate tra le squadre destinate a recitare un ruolo di primo piano e che, qualche mese più tardi, sembrano aver convinto anche i più scettici, raccogliendo sette vittorie e quattro pareggi nelle undici gare sin qui disputate in Champions, con ben 38 gol fatti (3,4 reti a partita, miglior attacco del torneo) ed appena 9 incassati (meno di un gol subito a partita).
La squadra inglese non ha affatto risentito della cessione del talentuoso brasiliano Coutinho, passato al Barcellona nella scorsa sessione di mercato invernale per la cifra di circa 120 milioni di euro più 40 di bonus al termine di una lunga trattativa, e continua a viaggiare spedita verso un sogno, trascinata dalle prodezze dei vari Roberto “Bobby” Firmino, Sadio Mané e Mohamed “Momo” Salah, un tridente che è entrato in poco tempo nel cuore dei tifosi del Liverpool. L’attaccante egiziano, in particolar modo, ha stupito non soltanto nel Merseyside, ma in tutto il mondo: arrivato la scorsa estate dalla Roma per circa 42 milioni di euro, è riuscito nell’impresa di far lievitare in maniera spropositata il suo valore di mercato, a suon di prestazioni da incorniciare e gol a valanga. Il classe ‘92, infatti, ha sin qui fatto registrare cifre da capogiro per uno che di mestiere fa l’esterno offensivo e non è dunque uno di quelli che ha il gol nel sangue: 43 reti in 47 presenze tra campionato e coppe e primo posto nella classifica dei marcatori della Premier League con 31 gol in 33 apparizioni.
Oltre ad uno dei reparti offensivi migliori al mondo per la capacità di coronare nel migliore dei modi le azioni orchestrate dalla squadra e per l’elevatissimo numero di reti messe a referto fino a questo momento (88, di cui 43 Salah, 27 Firmino e 18 Mané), il Liverpool ha anche tanti ottimi elementi in difesa e in mezzo al campo, che insieme contribuiscono a rendere compatta e coesa la squadra: tra essi, impossibile non citare il centrale difensivo olandese Virgil van Dijk, strappato a una folta concorrenza nella scorsa sessione di mercato invernale, il capitano Jordan Henderson, l’esperto e duttile James Milner, l’estremo difensore tedesco Loris Karius, i giovanissimi terzini Trent Alexander-Arnold ed Andrew Robertson.
Tra tante giovani promesse dal sicuro avvenire, veterani sempre pronti a dare il proprio contributo alla causa e fuoriclasse che hanno ormai raggiunto la definitiva consacrazione nel calcio che conta, si è creato un mix vincente ed efficace, propiziato anche e soprattutto dalla mano sapiente di Jürgen Klopp, uno che trasforma in oro tutto ciò che tocca e che è abilissimo nel lanciare e far affermare giovani talenti. A Dortmund prima, a Liverpool poi, la sostanza non cambia. Tra appena cinque giorni, i Reds si giocheranno la possibilità di approdare per l’ottava volta nella loro storia alla finale di Champions League.
Lo faranno all’Olimpico di Roma, laddove alzarono al cielo per la prima volta il trofeo nel 1977 e laddove, proprio contro i giallorossi padroni di casa, ottennero il loro quarto trionfo nella manifestazione. In questo momento, però, la capitale d’Italia non rappresenta né un punto di partenza né tantomeno di arrivo per il Liverpool. Tuttalpiù, si tratta di una tappa fondamentale per proseguire la propria campagna europea: espugnare Roma ha un valore non puramente calcistico, è un qualcosa legato strettamente alla tradizione e, per chi fa della tradizione uno dei propri punti di forza e dei principali motivi di orgoglio, l’imperativo è soltanto uno: vincere. Del resto, chi ci riesce a Roma scrive la storia, sempre e comunque.
Dennis Izzo
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