Con la vittoria senza discussione sulla Romania dello scorso 10 giugno (3-1), la Polonia ha messo una seria ipoteca sulla qualificazione a Russia 2018. Sedici punti, sei di vantaggio sul Montenegro, a quattro turni dal termine. Merito di Robert Lewandowski e delle sue undici reti in sei incontri, ma non solo. Applicazione, meticolosità e una mentalità vincente solo le caratteristiche dei ragazzi di Adam Nawałka, che dal 2013 è alla guida della nazionale, dopo averla difesa da calciatore a cavallo tra gli anni settanta e ottanta.
Erano gli anni della ribalta per la Polonia calcistica, quelli. Nel 1972 i biancorossi si fregiavano della medaglia d’oro alle Olimpiadi di Monaco. Quattro anni dopo, a Montréal, invece, portavano a casa l’argento. Senza dimenticare il terzo posto conquistato sia ai Mondiali del 1974, sia a quelli del 1982 – in quest’ultima occasione, era stata l’Italia futura campione del mondo a far fuori Zbigniew Boniek e compagni nell semifinale di Barcellona.
#Poland are now way closer to #Russia2018. Here’s how local fans reacted to #Lewandowski‘s penalty.#POLROM pic.twitter.com/46qFrQV1n7
— Andrea Motta (@neoandrea) 10 giugno 2017
Poi, il nulla: tra il 1986 e il 2000 i polacchi hanno fallito puntualmente la qualificazione ai tornei più importanti. Il decennio successivo, però, è stato quello di una lenta rinascita, condito da tre qualificazioni agli europei e due ai mondiali, senza però riuscire mai a superare l’ostacolo della fase a gironi.
Un cambio di rotta nel mondo pallonaro, che ha le sue radici altrove: il Paese, oggi, grazie all’ingresso nell’Unione Europea e all’accesso ai relativi fondi gode di finanze più floride rispetto a venticinque anni fa, dopo la fine dell’Unione Sovietica e del regime comunista. Le condizioni via via sempre migliori del Paese hanno permesso più investimenti nello sport e quindi anche nel calcio. A questo, si è aggiunta l’assegnazione degli Europei del 2012: in quell’occasione sono stati costruiti e ristrutturati più di venti stadi in tutto il paese.
I club locali, è vero, non vantano nessun appeal a livello continentale – basti pensare che la comparsata del Legia Varsavia all’ultima fase a gironi di Champions League, è arrivata ben ventun anni dopo l’ultima. D’altro canto, però, i migliori talenti polacchi stanno avendo occasione di crescere nei migliori campionati d’Europa. La Germania, in primis. Da Lewandowski a Błaszczykowski, i tedeschi da anni allevano i migliori talenti di Varsavia e dintorni, trasformandoli in prodotti finiti.
6 games, 11 goals in #Russia2018 qualifiers. #Lewandowski is an absolute star. #POLRUM #polandvsromania pic.twitter.com/lJVUO930xo
— Andrea Motta (@neoandrea) 10 giugno 2017
Anche la nostra Serie A, ultimamente, ha accolto numerosi calciatori polacchi. Partendo dai portieri Wojciech Szczęsny della Roma a Bartłomiej Drągowski della Fiorentina, fino a Łukasz Skorupski, nell’ultima stagione a Empoli. A Napoli c’è stato spazio sia per Piotr Zieliński che per Arkadiusz Milik, senza dimenticare Karol Linetty della Sampdoria. Al Cagliari si è disimpegnato Bartosz Salamon, mentre al Palermo è stato il turno di un oriundo: Thiago Rangel Cionek, nato in Brasile, ma con antenati polacchi. Da anni, infatti, in Polonia è finita l’era degli Olisadebe – ricorderete sicuramente il bomber nigeriano del Panathinaikos che giocava con i biancorossi perché sposato con una polacca. Ormai in nazionale c’è spazio solo per chi è nato in patria o all’estero da genitori polacchi. O, per chi, come nel caso di Cionek, ha origini locali.
Non solo Lewandowski, dicevamo. Sì, perché i ragazzi di Nawałka giocano proprio un bel calcio. Avevano già fornito un antipasto a Euro 2016 – chissà come sarebbe finita se il Portogallo non li avesse superati solo ai rigori ai quarti… – fatto di un gioco veloce, pieno di passaggi precisi e ravvicinati, ma a un ritmo superiore rispetto al tiki taka. La difesa è rocciosa, il centrocampo solido e, pur essendo privo di giocatori di particolare estro, riesce spesso a imbeccare Lewandowski. Perché sì, alla fine, ci pensa quasi sempre lui a risolvere, grazie al fisico impressionante e alle doti tecniche, che sembrano riassumere il gioco aereo di Ruud Van Nistelrooy e l’abilità da cecchino di Gabriel Batistuta. Sulle fasce, Błaszczykowski e Grosicki garantiscono corsa, mentre Krychowiak e Zielinski si occupano del lavoro sporco in mediana. Nel quartetto di difesa ci sono due sicurezze: Łukasz Piszczek, terzino destro che conta 265 presenze con il Borussia Dortmund e Kamil Glik, ex centrale del Torino e fresco campione di Francia con il Monaco.
Russia 2018, adesso, è a un passo. E la Polonia si candida per un ruolo di primo piano. Aspettiamoci la stessa squadra di Euro 2016, ma con maggiore esperienza e fame.
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Nell’albo dei pubblicisti dal 2013, ha scritto un eBook sui reporter di guerra e conseguito due lauree. A Catania si è innamorato del giornalismo sportivo; a Londra si è tolto la soddisfazione di collaborare per il Guardian e il Daily Mail. Esperto di digital marketing e amante dei social media, nel 2017 ha deciso di tornare a collaborare con VdC di cui era già stato volto e firma nel 2012-2013.