Messa alle porte una stagione a dir poco significativa, in cui hanno espresso un gioco divertente e concreto e si sono piazzati al terzo posto in Western Conference, arrestando il proprio cammino soltanto nelle semifinali dei playoff al cospetto dei San Antonio Spurs, gli Houston Rockets hanno intenzione di proseguire il proprio percorso all’insegna della continuità, soprattutto per ciò che concerne l’ossatura di un gruppo che ha regalato innumerevoli emozioni ai propri tifosi.
La franchigia texana è una delle più attive sul mercato e, dopo essersi assicurata la firma di Chris Paul, uno dei playmaker più forti ed ambiti della lega (sulle sue tracce c’erano, tra le tante, i Denver Nuggets e i San Antonio Spurs, oltre ai suoi ex Los Angeles Clippers, che hanno cullato vanamente l’idea di rifirmarlo), ha esteso l’accordo con James Harden, già rinnovato la scorsa estate fino al 2020: il Barba rimarrà in quel di Houston almeno fino al 2023 e percepirà l’astronomica cifra di circa 228 milioni di dollari, completamente garantiti e così ripartiti: 59 milioni per i prossimi due anni, già previsti in virtù del precedente accordo, e 169 per i quattro anni successivi.
Un contratto del genere finora non si era mai visto nella storia della NBA, anche se il più pagato resta ancora Stephen Curry, che appena una settimana fa, finito tra i free agent, ha rifirmato con i Golden State Warriors per un totale di 201 milioni di dollari in cinque anni. Un vero e proprio record, spazzato via nel giro di pochi giorni dall’annuncio dell’esorbitante rinnovo di Harden con i Rockets. Lo sforzo compiuto dal general manager Daryl Morey evidenzia in maniera netta l’importanza che il vice MVP ha per la franchigia texana, che non ha esitato a trovare l’intesa con il suo simbolo e pilastro imprescindibile, approfittando del fatto che The Beard fosse stato inserito nel primo quintetto All-NBA First Team, risultando l’unico ad essere eletto all’unanimità: soltanto un giocatore inserito nel primo quintetto, infatti, può firmare un’estensione contrattuale di quattro anni.
Il meritato riconoscimento per un giocatore che nella stagione passata ha offerto prestazioni a dir poco brillanti, mettendo in mostra tutto il suo enorme repertorio sul parquet e rivelandosi la spina dorsale dei Rockets, l’autentico punto di riferimento di una squadra che ha incantato dall’inizio alla fine ed ha mostrato notevoli progressi rispetto alla scialba annata precedente, conclusasi con un deludente ottavo posto e una sconfitta al primo turno dei playoff contro i Golden State Warriors. Con l’arrivo in panchina di Mike D’Antoni, i razzi sono tornati a volare ad alta quota e la filosofia cestistica dell’ex coach dei New York Knicks si è sin da subito sposata a meraviglia con il bagaglio tecnico James Harden, trasformatosi in una devastante point guard, incidendo notelvomente sui risultati dei suoi e mettendo a referto una media di ben 29,1 punti, 8,1 rimbalzi e 11,2 assist, quest’ultimo miglior assistman.
Una stagione da incorniciare, dunque, per il Barba, che ha a lungo lottato per vincere l’MVP, conquistato lo scorso 26 giugno dall’amico ed ex compagno di squadra Russell Westbrook, icona degli Oklahoma City Thunder, sconfitti proprio dai Rockets al primo turno degli scorsi playoff. Il classe ’89 di Los Angeles, prelevato con la terza scelta assoluta da OKC al Draft 2009, ha contribuito in maniera determinante a numerose vittorie dei biancorossi, tra cui in modo particolare quella della notte tra il 31 dicembre e il 1 gennaio contro i New York Knicks dell’MVP del 2011 Derrick Rose e di Carmelo Anthony, gara in cui ha messo a referto la bellezza di 53 punti, 16 rimbalzi e 17 assist, propiziando ben 95 punti dei suoi nel successo per 129-122, e nella notte tra il 27 e il 28 gennaio contro i Philadelphia 76ers, totalizzando 51 punti, 13 rimbalzi e 13 assist e mettendo la firma su 80 dei 123 punti messi a segno dai suoi, contro i 118 degli avversari.
Mai nessuno era riuscito nell’impresa di realizzare due triple doppie con 50 o più punti nella stessa stagione prima di James Harden, che ha chiuso l’annata a quota 22 triple doppie messe a referto, dietro soltanto al leader della classifica Russell Westbrook (42) e davanti a un certo LeBron James (13). Numeri impressionanti per un giocatore che da cinque anni a questa parte è il motore trainante dei Rockets e un indiscusso idolo della tifoseria biancorossa. Non sono bastate statistiche del genere per impedire l’egemonia dei Golden State Warriors nella Western Conference. Presumibilmente i ragazzi di D’Antoni l’anno prossimo tenteranno l’impresa, anche se non sarà affatto facile.
Con un Harden così e un Chris Paul in più – in attesa di capire come si evolverà la trattativa relativa a Carmelo Anthony – uno scenario del genere è tutt’altro che utopistico. Del resto, sognare non costa nulla e dalle parti di Houston hanno tanti motivi per essere fiduciosi in vista della prossima stagione. Golden State resta la squadra favorita, potendo contare su una corazzata che continua ad aggiungere pedine potenzialmente utili ai fuoriclasse già presenti nel roster, molti dei quali rifirmati, su tutti Curry e Durant, ma non sono da meno i vari Iguodala, Pachulia e Livingston. Da tenere d’occhio, ovviamente, anche i San Antonio Spurs, una garanzia ormai da tempo, e i rinnovati Minnesota Timberwolves, che potrebbero mettere i bastoni tra le ruote anche a squadre più forti sulla carta.
Come spesso e volentieri accade, la stagione di NBA potrebbe regalare innumerevoli sorprese e fare calcoli è tutt’altro che semplice in una lega dominata dall’imprevedibilità. Che i Rockets siano una tra le corazzate più temibili ad Ovest, però, non ci sono dubbi di alcun tipo e alzare l’asticella è necessario per proseguire in maniera coerente il proprio interessante progetto. Per farlo è fondamentale avere le idee chiare e puntare su un materiale umano e tecnico di notevole spessore: in questo senso, la decisione di affidarsi al talento e alla determinazione di James Harden è da interpretare come una mossa strategica, in modo tale da blindare un giocatore divenuto ormai un uomo simbolo e investirlo dell’affascinante ma complicato compito di portare i Rockets sempre più in alto.
Harden ha fatto vedere grandi cose nel suo primo lustro in Texas, impiegando poco tempo per entrare nel cuore dei tifosi, grazie a un miglioramento esponenziale rispetto ai livelli, più che positivi, su cui si era espresso nei suoi primi tre anni di carriera con la maglia degli Oklahoma City Thunder, con cui al fianco di Russell Westbrook e Kevin Durant ha sfiorato la vittoria dell’anello nel 2012 al cospetto dei Miami Heat di LeBron James, Dwyane Wade e Chris Bosh ed ha vinto nello stesso anno il premio Sixth Man of the Year. The Beard sul parquet è a tratti immarcabile, in virtù di un’esplosività fuori dal comune, ma la dirigenza dei Rockets non se l’è fatto scappare: il nuovo storico quanto remunerativo contratto tra il quasi 28enne e la franchigia texana è soltanto uno dei tanti momenti positivi di un matrimonio destinato a continuare ancora a lungo e con sempre maggiori soddisfazioni e gioie dietro l’angolo.
Dennis Izzo
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Coordinatore editoriale di Voci di Città, nasce a Napoli nel 1998. Nel 2016 consegue il diploma scientifico e in seguito si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza presso l’Università Federico II di Napoli. Tra le sue tanti passioni figurano la lettura, i viaggi, la politica e la scrittura, ma soprattutto lo sport: prima il calcio, di cui si innamorò definitivamente in occasione della vittoria dell’Italia ai Mondiali 2006 in Germania, poi il basket NBA, che lo tiene puntualmente sveglio quasi tutte le notti da ottobre a giugno. Grazie a VdC ha la possibilità di far coesistere tutte queste passioni in un’unica attività.
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