Dopo pochi mesi dall’inizio del nuovo anno accademico i problemi riguardanti gli spazi adibiti alle lezioni tornano a galla, drastiche le decisioni prese ai piani alti, poche le possibilità sul piatto della bilancia, si rischia il numero chiuso, tra polemiche e contraddizioni
BOLOGNA– La facoltà di Scienze della Comunicazione sta facendo pressione per chiedere di ritornare al numero chiuso, sembrerebbe un ritorno alle origini, come quando tutto ebbe inizio con Umberto Eco. Limite di quattrocento posti dal prossimo anno, una decisione votata di comune accordo dalla maggior parte dei professori del corso di laurea e riconfermata nel consiglio di Dipartimento di Filosofia e Comunicazione. Decisione ancora in via di ratifica da parte della Scuola degli Umanisti e dello stesso cda dell’Ateneo. Da anni ormai si ha una vera e propria emergenza aule, riguarda tutta l’area di Lettere a causa del continuo aumento del numero di matricole nonostante gli spazi siano sempre gli stessi; le problematiche maggiori si riscontrano proprio nel polo di Azzo Gardino, sede dei comunicatori.
Chiudendo l’accesso a Comunicazione si teme un effetto di rimando per le altre facoltà, i futuri respinti si potrebbero riversare sugli altri corsi anch’essi traboccanti di nuovi iscritti. Bisogna poi considerare che una decisione come questa va a incidere nel profondo una questione fondamentale di apertura degli umanisti, infatti tra questi, si sono già scatenate polemiche e proteste riguardo il tema dell’università aperta. Il motivo della decisione di Comunicazione sta nella salvaguardia del corso, la situazione attuale vede troppi iscritti, aule stracolme e pochi docenti per fare lezione a tutti quanti; l’ultimo episodio risale a poco meno di un mese fa in cui un docente ha avuto difficoltà nel fare lezione a causa della troppa gente seduta a terra o al di fuori dell’aula. Decisioni non semplici da prendere, poiché comportano perdite anche a livello economico, ridurre le matricole significherebbe infatti perdere almeno 1,5 milioni di introiti in tre anni.
Gli studenti di “Lettere Aperte” nel consiglio di Dipartimento tenutosi pochi giorni prima hanno respinto la proposta: «una misura a nostro avviso gravissima ed escludente, ci è stato detto che il numero chiuso non è la soluzione, bensì un compromesso; ma far passare la chiusura dei luoghi della formazione non è un compromesso. E non discutere del peso politico di una decisione tale è inaccettabile», le parole dei rappresentanti che hanno votato contro. È stata lanciata dall’associazione Link la campagna contro “un modello selettivo di università”, una sorta di foto petizione che sta girando in vari social network in vista del prossimo Consiglio della Scuola di Lettere che si terrà il 29 novembre. Prima di questo i responsabili dell’area umanistica hanno richiesto un incontro con i prorettori alla didattica e agli studenti per cercare di cambiare le carte in tavola.
«Vogliamo interventi necessari per spazi, docenti e risorse, soprattutto per quei corsi che hanno scelto strade diverse dal numero chiuso e programmato», sono le parole dei direttori del Dipartimento di Arti Visive e Storia, Culture e Civiltà. Il loro Consiglio ha votato una mozione in cui si afferma che la decisione da parte di Comunicazione è vista con preoccupazione e chiedono con urgenza di poterne discutere e valutare le possibili conseguenze. Di simili opinioni è anche lo stesso Dipartimento di Filologia e Italianistica, così come tutto il consiglio studentesco chiede una discussione a livello di Ateneo, poiché proprio a inizio anno accademico la presidentessa si era pronunciata a sfavore dei numeri chiusi introdotti all’ultimo momento. Citando un po’ di numeri, la Facoltà di Lettere e il Dams hanno più di 700 iscritti, Scienze della Comunicazione gira intorno ai 600 rispetto ai 570 dello scorso anno; un aumento notevole se si considera che quando Eco fece partire il corso i posti disponibili erano solo 150. Ora non resta che aspettare e seguire con attenzione i possibili sviluppi e retroscena.
Elisa Mercanti
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