Empatia, parola di etimologia greca derivante dall’unione di En cioè dentro e patheia ossia patia: soggezione a determinati sentimenti; è la capacità di sentire lo stato d’animo altrui, di porsi immediatamente nella altrui situazione senza, però, partecipazione emotiva. Mettersi nei panni dell’altro percependo i sui pensieri e stati psichici rimanendo emotivamente lucidi ed escludendo ogni personale attitudine affettiva, mettendo da parte le proprie preoccupazioni e pensieri. È una comunione affettiva che avviene attraverso un processo di immedesimazione. Durante il corso della vita, l’empatia si impara dai propri genitori, in alcune persone essa si sviluppa in maniera spiccata, in altri si attesta il suo contrario: la dispari, l’incapacità di guardare agli altri, l’essere indifferenti e poco comprensivi. Insomma avere un caratteraccio.
Sulla rivista “Translation Psychiatry” è stata pubblicata una nuova ricerca che ha rivelato un tassello importante nello studio dell’empatia: esistono responsabili genetici che incidono sullo sviluppo dell’empatia nelle persone. Alcune varianti genetiche inciderebbero sulla possibilità di diventare empatico per ben il 10%. Lo studio condotto su circa 46.800 volontari, ha mostrato infatti che un decimo, quasi, delle differenze tra chi possiede empatia e chi no, è riconducibile a variabili genetiche. Inoltre, aggiunge che le differenze, già in passato riscontrate tra uomo e donna, nella capacità femminile più accentuata di sviluppare empatia non sono ascrivibili alla genetica ma dipendono da fattori ambientali e dal fatto che durante la gestazione le femmine sono esposte ad alcuni particolari ormoni nell’utero materno che favoriscono in loro lo sviluppo dell’empatia.
I ricercatori dell’Università di Cambridge, dell’Institut Pasteur e della 23 and me (compagnia privata per analisi genetiche) hanno analizzato i pazienti e formulato un “quoziente di empatia” tramite questionari. Tale quoziente ha aiutato loro a testare l’empatia cognitiva (mettersi nelle situazioni altrui) e quella affettiva (capire cosa sente l’altro e rispondere in modo emotivamente adeguato). Quindi hanno valutato i risultati indagando statisticamente su circa dieci milioni di variabili genetiche e hanno scoperto che il 10% delle variazione delle capacità empatiche è genetico. Questo è stato confermato poi da ricerche passate sui gemelli e da alcune connessioni tra spettro autistico e bassa empatia. Questa scoperta consolerà chi empatico lo è già ma ci auguriamo non scoraggi chi desidera diventarlo. Il 90% di essa dipende ancora da noi. Un ottimo coadiuvante allo sviluppo dell’empatia è la psicoterapia.
Gilda Angrisani
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