Si tratta ormai di una prassi comunemente condivisa e ampiamente accettata. Si incomincia dalle bamboline e principesse tutte vestite di rosa e lustrini per le femmine, mentre l’azzurro e il blu prevalgono nel reparto giochi per i maschi. Ma non è stato sempre così. Nel Diciottesimo secolo era perfettamente normale per un uomo indossare un abito di seta rosa. Addirittura nel 1918, Earnshaw’s Infants’ Department, rivista specializzata in vestiti per bambini, specificava che «la regola comunemente accettata è che il rosa sia per i bambini, il blu per le bambine». Oggi si assiste invece ad una “dittatura” del rosa e dell’azzurro, spinta dal marketing e dai media, che influenzano le scelte dei bambini e prescrive ruoli limitanti e stereotipi fin da piccolissimi. Tutto ciò non si limita al colore ma a ciò che ne deriva, ad esempio un maschio non potrà usare una Barbie rosa perché indicata come “gioco da donna” e una femmina non potrà mai giocare con le macchinine perché “gioco da uomo”. Questo si traspone poi nell’età adulta dove si cresce con la convinzione di dover fare “cose da maschi” o “cose da femmine”.
Il fatto è che se si confina una bambina ai soli giochi di cura, se la si incentiva ad essere principessa passiva, circondata da bambole o da aspirapolveri in miniatura; e si indirizza il maschio unicamente verso giochi “sociali”, di squadra, o legati alla forza o alle abilità fisiche, si privano l’uno e l’altra di esperienze di crescita e si limita il proprio pensiero critico e maturo sulle scelte. Si tratta di prigioni comportamentali che riflettono esattamente le caratteristiche di una società che pretende determinate cose dai maschi e altre dalle femmine, generando una discriminazione verso tutti coloro che appaiono diversi rispetto al modello socialmente accettato. Sarebbe il momento di superare queste barriere e liberarci finalmente di inutili orpelli che fanno solo del male alla società in cui viviamo. Tutte queste imposizioni sono madri di episodi di discriminazione futura, vale quindi davvero la pena seguire determinate prescrizioni imposte?
Serena Borrelli
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