Viene dal team di Google l’ultima novità in ambito di informazione globale in diretta e, in questo caso, non si tratta di un servizio che solo pochi tecnofili apprezzeranno. Già dal luglio 2015 era possibile visualizzare delle vere e proprie card al momento della ricerca di un ristorante, di una stazione o di un ufficio pubblico nel motore di ricerca più diffuso al mondo, grazie a cui si aveva rapidamente accesso a indirizzo e recapiti della struttura, oltre agli orari di apertura settimanali e agli orari con il maggior numero di visite. Queste informazioni miste a statistiche permettevano di organizzare un pomeriggio al museo o una prenotazione in pizzeria nelle fasce meno affollate, motivo per cui il servizio di Popular times era già stato particolarmente acclamato dalla comunità.
Da meno di una settimana, però, sono state implementate delle funzioni ulteriori: da un lato, selezionando «Più informazioni», si noterà che gli orari di apertura sono adesso più dettagliati e si adattano ai momenti di chiusura quotidiani, mostrando le diverse possibilità in base all’esigenza di raggiungere un certo stabile in uno giorno settimanale specifico. Dall’altro lato, alle colonnine blu indicanti le fasce di maggiore affluenza ne è stata aggiunta una rossa, che permette di sapere in tempo reale quante persone siano presenti sul posto e, quindi, di calcolare i tempi di attesa per un’eventuale prestazione o servizio. I dati vengono raccolti in forma anonima e sono visualizzabili da qualsiasi piattaforma, senza distinzioni fra computer, smartphone e tablet. Ciò permette addirittura, finora solo in alcuni luoghi, di capire per quanto la gente si trattenga nell’edificio che ci interessa, chiaramente in misura statistica e a volte approssimativa. È certo, comunque, che per i cinema le due ore segnalate possono considerarsi abbastanza veritiere su larga scala.
Tuttavia, le polemiche sorte rispetto a questo tipo di dettagli forniti a qualsiasi utente del Web non sono affatto mancate. La considerazione più diffusa contro l’innovativa trovata riguarda il rischio che i dati possano essere utilizzati per scopi altamente pericolosi, come per esempio un attacco terroristico, una rapina o altri tipi di azioni illegali e rischiose. Per di più, alcuni sono contrari all’invio della propria posizione in diretta a milioni di altri internauti, perché la considerano, benché consapevoli dell’anonimato garantito da Google, una violazione della propria privacy in qualità di esseri umani, a prescindere dall’identità dell’uno o dell’altro. E se, in quest’ultimo caso, è facile non adeguarsi alla policy del motore di ricerca negando il proprio consenso o disattivando i servizi di GPS, il timore di attacchi o disordini è meno semplice da debellare. Per il momento, com’è stato fatto notare, bisognerà semplicemente augurarsi che uno strumento simile non venga trasformato in un’arma e che rimanga utile solo nella maniera per cui in partenza è stato concepito.
Eva Luna Mascolino
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