6 marzo 1927, Aracataca, Colombia: in questa data nasceva il giornalista e scrittore che avrebbe lasciato, per sempre, al di là della storia e oltre la morte, la sua firma, 90 anni fa nasceva Gabriel García Márquez.
García Márquez, detto Gabo, fu il primo di 16 figli procreati da Gabriel García e Luisa Márquez Iguaran, il giovane Gabriel comunque crebbe con i nonni materni. Certamente le due figure femminili della sua infanzia e prima adolescenza influenzarono molto la sua scrittura: la madre infatti era una chiaroveggente, la nonna invece una saggia conoscitrice di fiabe e miti colombiani; il padre fu un semplice tipografo. La prosa di Márquez fu proprio il minestrone prodotto dalla cottura a fuoco lento delle sue radici: i suoi romanzi, infatti, sono caratterizzati da un connubio di realtà e mito, la normalità viene spesso interrotta da qualcosa di surreale come ad esempio la presenza in “Cent’anni di solitudine” degli spiriti di Prudencio Aguilar, l’allevatore di galli, ucciso da Jose Arcadio Buendia perchè offese la sua virilità, e Melquiades, lo zingaro che visitava spesso Macondo (paese in cui è ambientato il romanzo) fornendo rimedi agli abitanti, la cui profezia si materializzerà verso la fine del romanzo, divenendone l’effettiva conclusione, e il cui fantasma infesterà per sempre casa Buendia.
Un altro elemento tipico dei libri dello scrittore colombiano è senza dubbio la bellezza delle sue descrizioni come quelle del clima di festa di “Cronaca di una morte annunciata“; o ancora in “Foglie morte“, il romanzo in cui egli fa vedere da tre punti di vista diversi (il nonno amico del defunto, la figlia dell’anziano, il piccolo nipote dell’anziano) il funerale di un medico odiato da tutto il villaggio, anch’esso chiamato Macondo. Tipico di Gabo sono anche anche i grandi periodi, i quali, seppur raramente intervallati dalla punteggiatura, non stancano mai il lettore, portando alla sua mente diverse immagini per spiegare alla fine lo stesso concetto, come ne “L’autunno del patriarca“. Ad ogni modo, anche la politica fu un tema a cui García Márquez dedicò la sua attenzione, soprattutto per quanto concerne la dittatura e l’oppressione del potere verso i più deboli che descrisse da ambedue i lati della barricata: dalla parte del dittatore nel suddetto romanzo, dalla parte di ha resistito come ne “Il Generale nel suo labirinto“. E così spazio a prolessi, analessi e grandi metafore, condite da un tocco di poesia unico.
Il colombiano mosse i suoi primi passi nel campo del giornalismo e raggiunse la fine della sua via della seta della produzione letteraria nel 1982 quando venne insignito del premio Nobel per la letteratura proprio a grazie a Cent’anni di solitudine, libro che – nel 2007, nel IV Congresso Internazionale della Lingua Spagnola – venne designato come la seconda opera più importante mai scritta in spagnolo, dietro soltanto a Don Chisciotte di Cervantes. Durante la sua vita egli conobbe diversi leader politici di grandissima rilevanza mondiale tra cui si possono annoverare il dittatore cubano Fidel Castro, il presidente americano Bill Cliton (che, oltre a definirlo il suo scrittore preferito, lo esentò dal veto d’ingresso in territorio posto su di lui nel ’61 a causa dei rapporti con Cuba) e quello sovietico Michail Gorbachev.
Il nobel colombiano sbarcò pure nel mondo del cinema, dato che tre sue opere divennero dei film: si tratta di “Cronaca di una morte annunciata“, “Nessuno scrive al colonnello” e “L’amore ai tempi del colera“. Proprio quest’ultimo (uscito nel 2007) fu il più famoso e acclamato dei tre, soprattutto alla luce dell’intensa trama che narra la tortuosa e lunga storia d’amore tra Fermina Daza e Florentino Ariza, un calvario passionale che durerà ben mezzo secolo. L’idea di amore per García Márquez non si può spiegare, ma solo raccontare tramite alcuni suo passi: «Angela Vicario si azzardo appena a insinuare l’inconveniente della mancanza d’amore, ma sua madre lo demolì con una sola frase: ‘Anche l’amore s’impara’» (Cronaca di una morte annunciata). O ancora: «Lei gli domandò in quei giorni se era vero, come dicevano le canzoni, che l’amore poteva tutto. ‘È vero.’ rispose lui ‘ma farai bene a non crederci’» (Dell’amore e di altri demoni).
Gabo criticò aspramente il presidente della Colombia Velez, soprattutto per la sua smodata politica proibizionista che – a detta dello scrittore – invece di remare contro i cartelli della droga, non faceva altro che il suo gioco; e a proposito di cartelli furono proprio quegli gli anni in cui ascese al potere Pablo Escobar, “El Patron” della coca. Si schierò apertamente pure contro Pinochet, dittatore del Cile che tramite un colpo di stato prese il potere, sottraendolo a Salvador Allende. Vissuto tra il Messico, Cuba e qualche sprazzo d’Europa, García Márquez si spense, all’età di 87 anni, il 17 aprile del 2014 in una clinica di Città del Messico, dove era stato ricoverato a causa di una polmonite e di alcuni problemi legati ad un’infezione delle vie urinarie. «Il suo cuore di cenere compressa, che aveva resistito senza vacillare ai colpi più pungenti della realtà quotidiana, crollo ai primi assalti della nostalgia. La necessità di sentirsi triste si andava trasformando in lei in un vizio a mano a mano che la devastavano negli anni» (Cent’anni di solitudine).
Francesco Raguni
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