BOLOGNA – Cosa era la Salaborsa prima di diventare una biblioteca? Se il vero derby non fosse sempre stato tra Virtus e Fortitudo… E i portici: come mai Bologna ha quasi 40 km di portici?
Tante le curiosità che forse molti di voi non si sono mai tolti riguardo al capoluogo emiliano ed ecco svelate alcune verità nascoste.
1.Il Gira
A due settimane dalla sentitissima stracittadina di
basketcity, bisogna ricordare che la Fortitudo non è sempre stata l’acerrima nemica della V nera. Al seguito della seconda guerra mondiale, infatti, in serie A c’era il Gira. Nata come polisportiva prettamente ciclistica (il suo nome deriva dal mitico Girardengo) debutta successivamente nell’ambiente della pallacanestro. Per anni si batte a fianco di grandi squadre nelle alte categorie poi la dura retrocessione e la rimonta nel 1980 dopo il trasferimento ad Ozzano. Nel 2010 venne comprata dalla Virtus per farne il suo serbatoio di giovanili, tuttavia molti vecchi tifosi della V nera in nome dell’antica rivalità si ribellarono a questa decisione. Nel 2012 la FIP ne riconosce l’ufficiale scissione per cui i titoli di DNB sono ceduti alla Eagles Bologna e il Gira Ozzano sopravvive come società giovanile dilettantistica.
2. La storia della Salaborsa: da orto botanico a biblioteca, e che altro?
Tutti hanno presente l’edificio di fronte alla statua del Nettuno, quello con le scalinate bianche e le immagini dei caduti di guerra. Non in molti però sanno che Aldrovandi lo adibì ad orto botanico nel 1568 per coltivare erbe esotiche e medicinali con tanto di cisterna d’acqua.Divenne poi sede dell’ufficio telegrafico e delle poste sino al 1883 in cui iniziò ad ospitare le contrattazioni di borsa e di mercato.
Venne riaperto come ristorante, divenne sede della Cassa di Risparmio e per molto tempo fu Palasport in cui si allenava la Virtus. Solo dal 1999 fu adibito a biblioteca.
3. L’origine dei portici: colpa degli universitari fuori sede (ma non solo)
I portici di Bologna, candidati a patrimonio dell’umanità dell’UNESCO, sono da sempre un simbolo della città. Ma pochi sanno quale è stata la loro funzione nel corso del tempo. Le prime testimonianze di porticato risalgono al 1041. Sorti a ridosso di Chiese nello spunto dei templi romani, molti vennero però edificati nelle campagne come tettoie in legno per coprire i commercianti dalle intemperie. Nel centro, invece, sono sorti principalmente per far fronte al crescente numero di abitanti ato dall’Università. In particolare era comune ampliare i piani superiori con sporti che si prolungavano oltre la metratura originale dell’edificio e per evitare il crollo venivano puntellarli dal basso, prima in legno poi in muratura. Uno statuto del 1288 obbligava poi ogni proprietario del centro ad avere un portico, si dice soprattutto per garantirne la pulizia rispetto alla strada comunale dove ancora non vi erano le fogne. Ma l’utilizzo più particolare dei portici risale al secondo dopoguerra, momento in cui si chiudono molti occhielli dei porticati per dare alloggio ad alcuni dei 1800 sfollati della città.
4. Non solo i giochi di voci si nascondono nel Voltone del Potestà
Tutti hanno sperimentato l’eco che si può sentire tra Palazzo Re Enzo e Piazza Maggiore, ma pochi sanno dell’esistenza di due travi di legno, esattamente tra la volta e la piazza, in cui un tempo le persone venivano impiccate pubblicamente in modo tale da poter essere viste dai passanti e fungere da deterrenti.
5. Prima di H&M ecco la dolce origine del famoso palazzo di via Indipendenza
L’edificio in stile liberty che si trova di fronte all’imbocco di via Altabella fu per anni sede di un raffinatissimo bar pasticceria che si affermò subito come il ritrovo più elegante della città.
A volere fortemente l’erezione di questo edificio, criticato per l’aspetto in netto contrasto con l’architettura uniforme bolognese, fu un esponente della nota famiglia di cioccolatieri Majani.
Infatti, oltre ad essere nota per i tortellini, la città petroniana possiede un altro notevole vanto: quello dolciario. Nata come attività a conduzione famigliare in via d’Azeglio nelle mani di Teresa Menarini, ben presto l’azienda Majani iniziò la scalata verso il successo. Aprì numerose botteghe a Bologna ed iniziò ad esportare raffinati confetti ripieni dipinti a mano, si dice anche che detenga il primato di realizzazione della prima cioccolata solida (la famosa Scorza Majani) che in precedenza era prettamente sorseggiata calda. Altrettanto noti i cioccolatini Fiat e i tortellini di cioccolato (alla fine quelli tornano sempre) che hanno permesso alla famiglia di ottenere grande successo.
E l’apertura del locale nel nuovo palazzo in via indipendenza ne fu l’apice. Al piano terra illuminato da uno splendido lampadario di Murano, divenne ben presto luogo di ritrovo per una società bolognese alquanto aristocratica. Venne anche rimodernato nel 1938 con ambienti ancora più grandi, luminosi e tecnicamente all’avanguardia.
La guerra però rovinò quest’idilliaco momento: le persone che sorseggiavano tranquille una tazza di cioccolato sul terrazzo, furono sostituite da un circolo di ufficiali inglese ed infine dal famoso negozio d’abbigliamento H&M.
Giulia Bergami
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Articoli di proprietà di Voci di Città, rilasciati sotto licenza Creative Commons.
Sei libero di ridistribuirli e riprodurli, citando la fonte.
Ti piacerebbe entrare nella redazione di Voci di Città? Hai sempre coltivato il desiderio di scrivere articoli e cimentarti nel mondo dell’informazione? Allora stai leggendo il giornale giusto. Invia un articolo di prova, a tema libero, all’indirizzo e-mail entrainvdc@vocidicitta.it. L’elaborato verrà letto, corretto ed eventualmente pubblicato. In seguito, ti spiegheremo come iscriverti alla nostra associazione culturale per diventare un membro della redazione.