Piccole botteghe a conduzione familiare e negozi di vicinato, motore trainante di un’Italia che ormai non esiste più, e i dati diffusi dalla Cgia di Mestre purtroppo confermano il trend negativo. Negli ultimi otto anni circa 158 mila imprese (di cui 145 mila artigiane e poco più di 12 mila di commercio al dettaglio) hanno dovuto chiudere i battenti. Colpa della crisi che sta letteralmente divorando il compartimento a scapito dei colossi della grande distribuzione, le cui strategie commerciali dirette ed oltremisura aggressive hanno di fatto tagliato le gambe ai piccoli esercenti.
Tra le principali cause della crisi del settore artigianale in Italia vi è il calo drastico dei consumi in periodo di recessione economica, senza contare la perdita di 400 mila posti di lavoro. L’elevata pressione fiscale a carico delle aziende, difficoltà per accedere al credito, la troppa burocrazia e l’aumento dei canoni d’affitto, e così che la chiusura per cessata attività diventa l’amara soluzione ai problemi.
In termini di suddivisione geografica, il Sud paga a caro prezzo i disagi del settore, anche se in Lombardia hanno chiuso più attività (-18.652), con Emilia-Romagna (-16.466), Piemonte e Veneto (rispettivamente -15.333 e -14.883) che seguono a stretto giro. Questi numeri sintetizzano la “Waterloo” dell’artigianato italiano ed evidenziano la maniera in cui il comparto si trova a combattere una crisi senza via d’uscita.
Gabriele Mirabella
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