È sempre così meraviglioso viaggiare con lo zaino in spalle? In soli venti giorni ho scoperto alcune piccole verità celate dietro questo modo di spostarsi, constatando che a fare la differenza è quanto si è disposti, in prima persona, ad adattarsi ai cambiamenti.
Una delle parole più in voga negli ultimi tempi – per chi s’intende di viaggi – è backpacking, letteralmente “viaggiare con lo zaino”, che indica per l’appunto quell’attività, messa in atto soprattutto dai giovani, che prevede di spostarsi solo con uno zaino in spalla. Sempre più prorompente sembra essere questo modo di vedere il mondo, di scoprirlo in ogni suo angolo e sono in aumento le persone che decidono di farlo in questa maniera. Spesso si tratta anche di viaggi in solitaria, accompagnati unicamente dal proprio zaino. Numerosissimi sono i blog presenti in internet – nonché altrettanti gruppi Facebook tra cui, giusto per citarne uno, Spenderò tutti i miei soldi in viaggi, che conta più di 70mila iscritti – che spiegano come affrontare questa avventura a partire proprio dallo zaino in sé. Tanti i consigli su cosa portare e come attrezzarsi per affrontare diversi mesi lontani da casa e di come, quindi, sopravvivere al meglio. Nella maggioranza dei casi si tratta di percorsi low-cost che mirano ad un risparmio economico, permettendo di poter trascorrere questi mesi senza dover pensare troppo ai soldi. Generalmente i più esperti hanno ben in mente, fin dal principio, il budget di cui dispongono e, pertanto, progettano il tragitto seguendo la via meno dispendiosa. Tuttavia il backpacker – nome ormai universalmente riconosciuto – tende a non programmare troppo: certamente si parte preparati, ma poi il resto viene da sé. La meta, per quanto si possa avere un itinerario almeno in parte tracciato, è lasciata al caso, al destino e alla piega che essa prenderà spontaneamente durante il viaggio. Si sa, una delle cose più belle del viaggiare, soprattutto per i backpacker solitari, è conoscere nuove persone e, in questo modo, è anche fin troppo frequente il “cambio di programma” che incide notevolmente sui propositi iniziali che ci si era prefissati. Per questo, forse, pochi hanno idea di ciò che realmente andranno a vedere e preferiscono lasciarsi trasportare da quel che sarà.
Così detta e descritta la vita del “viaggiatore zaino in spalla” è solo che invidiabile e, sicuramente piena di meraviglie. Al giorno d’oggi non è affatto impossibile compiere un viaggio seguendo questa idea, sono fin troppe le possibilità di cui si gode se ci si informa per bene e, infatti, sono tantissimi i giovani che decidono di prendersi qualche tempo di pausa dalla routine della vita a casa e sperimentare nuove vie per trovare la propria strada. Tuttavia, come tutte le cose, esiste un altro lato della medaglia che, per quanto rappresenti una minima parte del tutto, ha un suo grado di incidenza. Cosa c’è, infatti, dietro a tutto questo muoversi solo con uno zaino in spalle? Lungi dall’essere una backpacker navigata e lontanissima dall’aver un progetto di viaggio a lungo termine, raccolgo quelle che, per venti giorni, sono state le mie “vicissitudini” nel sud-est asiatico, che mi hanno fatto capire che dietro una meravigliosa esperienza come questa si nascondono, a volte, dei lati poco piacevoli.
Escludendo ciò che riguarda notti e attese in aeroporto che fanno parte, nella maggioranza dei casi, di tutti i viaggi: dormire comodi sia nei terminal che sul posto assegnato in aereo è un miraggio e, infatti, ci si accontenta di riposarsi il più possibile, cercando di sfruttare al massimo i “comfort” messi a disposizione dalle strutture. Per chi parte solo con un biglietto di andata è forse anche meno stressante dover correre da un terminal all’altro nella speranza di non perdere il secondo o terzo volo della giornata, dal momento che non si hanno delle scadenze da rispettare. Se però, nel tentativo di risparmiare, si è cercato di incastrare voli con meno di due ore di scalo l’uno dall’altro, correre sarà decisamente l’attività più praticata. Armarsi di passaporto alla mano e aver ben chiaro nella mente il numero del volo da prendere è un ottimo modo per partire avvantaggiati, dopodiché tutto dipende dalla capacità di leggere in velocità gli schermi con le partenze e capire, sempre di fretta, a quale gate recarsi. In caso contrario non c’è nulla di cui temere, chiedere a chi si trova resta comunque una valida soluzione e, nel caso non si fosse pratici di lingua inglese, la gestualità accompagnata da poche parole chiavi senz’altro vi saranno d’aiuto.
Una volta atterrati a destinazione si potrà tirare un bel sospiro di sollievo, recarsi al bagno più vicino, rinfrescarsi a dovere e iniziare, finalmente, la parte più avventurosa. Si consiglia di arrivare al luogo stabilito avendo già prenotato una o due notti, proprio perché il lungo viaggio toglie le forze e avere un appoggio iniziale faciliterà a riprendersi subito. Inizia qui quella grande libertà di cui tutti parlano, quel non avere vincoli e limiti e poter davvero cambiare idea e progetti ad ogni minuto. Per un verso è sicuramente così e lo è soprattutto se si viaggia da soli, ma a volte gli imprevisti, dai più banali ai più incisivi, forzano le cose in un’altra direzione come, per esempio, ammalarsi. Il sud-est asiatico è famoso per provocare piccoli problemi a livello intestinale, soprattutto per l’occidentale abituato ad un’alimentazione e ad un clima totalmente diversi. Succede quindi che per una dissenteria si possa restar bloccati più del dovuto in un posto, posticipando così di continuo una partenza già programmata. Nei casi estremi si può passare la notte in ospedale per una febbre troppo alta, una caduta dalle rocce o il morso di qualche animale esotico e, in questi casi, aver stipulato una valida assicurazione viaggio ammortizzerà le spese e vi garantirà le cure necessarie. Il fisico risente anche del cambiamento di clima e di temperature, soprattutto se vi recate in posti dove non esistono le cosiddette mezze stagioni. Viaggiare durante l’inverno europeo è quindi consigliato per Paesi quali Malesia, Thailandia, Laos, Cambogia e Vietnam, mantenendosi quindi sempre nell’emisfero boreale. Bisogna prepararsi però a temperature che si mantengono stabili tra i 28°e i 32° gradi nelle isole thailandesi, ma soprattutto all’umidità che non è mai inferiore al 60%. Ci si sentirà perennemente sudaticci, far asciugare i vestiti sarà una vera e propria impresa e le docce rinfrescanti non saranno affatto rinfrescanti. Nelle metropoli, come un breve soggiorno a Singapore, la situazione potrebbe essere intollerabile, soprattutto se poi, entrando in un qualsiasi negozio o ristorante, si è colpiti dall’aria fredda dei condizionatori (raffreddore e dolori muscolari non sono affatto esclusi nonostante i 30°C). Se si aggiunge la difficoltà ad adattarsi all’alimentazione locale che non ammette moltissima varietà e l’attenzione che bisogna porre al cibo che si mangia, potrebbe rivelarsi difficile trascorrere troppo tempo in questi luoghi e, forse, è anche per questo motivo che un viaggiatore si muove spesso.
Può capitare che a lungo andare certe comodità comincino a venir meno. Sicuramente il cibo di sempre, bagni con lo scarico funzionante e zanzare di dimensioni normali; mancherà parlare la propria lingua, farsi capire velocemente e avere la presenza di persone pronte a sostenerti. Si tratta di crescere in fretta e imparare a contare solo su se stessi, ma lontano da casa è forse un poco più difficile. Sarà necessario stare attenti a non perdere gli effetti personali, ricordare dove si tiene il passaporto e i documenti, tenere sotto controllo le spese e valutare sempre con un’accortezza maggiore le scelte intraprese. Si avrà sempre e solo uno zaino che, a volte sarà pieno, a volte mezzo vuoto, ma lì dentro ci sarà tutto quello che di materiale si possiede. Mancheranno gli affetti che, quotidianamente, si interesseranno a come state e a cosa state facendo e, in cambio, ci si interesserà sempre di più a come stanno gli amici a casa. Non sarà sempre facile e non sarà sempre tutto rose e fiori e forse è proprio per questo che esperienze del genere arricchiscono l’animo e insegnano a crescere. Tutte queste piccolezze menzionate, non sono nulla a confronto della grande esperienza che si vive e delle cose che si imparano, dipende solo dallo spirito con cui si affrontano, tuttavia esistono e fanno parte del viaggio in sé e, prima di partire, è bene tenerne conto. Nonostante ciò le persone continuano a viaggiare, spostarsi e tornare, segno che l’uomo è un essere capace di adattarsi e modellarsi a seconda dei cambiamenti e proprio da queste piccole esperienze personali si impara poi a costruire la propria vita futura.
Sofia Bonomo
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