MILANO – Riprendere il glorioso passato dei tempi che furono e portarlo nel mondo di oggi. Le biciclette elettriche di Luca Agnelli, artigiano di Abbiategrasso, non hanno niente a che vedere con quegli ibridi sgraziati che si aggirano per le nostre città. Unire l’utile al bello è possibile, ma spingersi a plasmare una creatura dal design fortemente nostalgico con il carattere tutto moderno è roba da pochi, è roba da artisti.
Luca Agnelli, in effetti artista lo è. Le sue bici sono un piacere per gli occhi, rubano l’attenzione e stravolgono il concetto di mezzo elettrico a due ruote. Qui non parliamo di semplici ciclomotori (anche perché qui il motore manca proprio), ma di vere e proprie opere d’arte, che riscrivono il concetto della semplice passeggiata in bicicletta e vanno oltre. Abbiamo parlato per l’occasione proprio con il creatore di questa splendida realtà, per capirne le radici e conoscerne gli sviluppi.
Cominciamo dal principio: chi è Luca Agnelli? Da dove parte questa passione?
«Luca Agnelli è un pasticcione che abita in un paese in provincia di Milano e che da sempre sperimenta avendo delle buone capacità manuali un po’ in tutti i settori. Io nasco come restauratore di mobili antichi per poi diventare commerciante di prodotti per il restauro. Proprio da lì viene alla luce la fantasia di avere una fonderia e di produrre manufatti indistinguibili e del tutto originali. Da qualche anno, inoltre, mi occupo anche di mobilità elettrica e vendo biciclette da catalogo, funzionali ma brutte e sgraziate, soprattutto per via delle forme e dei cavi in bella vista. Insomma, un prodotto non proprio straordinario nella sua essenza. Era nella mia costituzione, dunque, sperimentare qualcosa di diverso, di originale ma funzionale allo stesso tempo. Posso probabilmente inquadrare la nascita di questa attività nel momento preciso in cui ebbi questa idea».
Potrebbe illustrarci qual è il processo di creazione di queste bici?
«Lo scopo per me è quello di avere un prodotto elegante, ma con il quale poter fare comodamente una passeggiata in bicicletta. Attingo perciò a telai resistenti e già usati che mi danno la possibilità di creare un modello sempre diverso; ed è ovvio che tale risultato non sarebbe pensabile con telai nuovi, prefabbricati e del tutto identici. Proprio il telaio, infatti, detta la scelta del serbatoio che, a sua volta, non conterrà carburante piuttosto verrà modificato per l’ingresso di una batteria: ad esempio, una determinata geometria permette il matrimonio con un serbatoio Guzzi rispetto a un serbatoio Cimatti, Benelli e così via. Questo primo step è il cuore del mio lavoro. Passo di estrema importanza è, infine, quello riservato alla modifica dello scheletro per permettere prima la posizione corretta di guaine, ruote e freni dopo la riverniciatura completa».
Ma ovviamente la costruzione della bicicletta non è finita qui.
«Ovviamente no, anzi, da lì parte l’assemblaggio dei singoli pezzi. La sfida che affronto per ogni creatura nuova è quella di adattare la singola parte alla struttura di riferimento. Il solo montare un parafango richiede un qualche adattamento che deriva dalla differenza tra i vari telai. I componenti non sono già predisposti per essere montati, così da richiedere la massima precisione anche per il semplice lavoro di foraggio, il tutto per dare un prodotto bello ma allo stesso tempo qualitativamente impeccabile. Proprio per questo, abbiamo anche deciso di utilizzare componenti elettronici di un certo tipo che presuppongono, com’è ovvio che sia, un non indifferente investimento».
Il risultato finale è praticamente unico, ma qual è stato il riscontro avuto finora?
«Il successo d’immagine è straordinario: tutto il mondo parla di quest’attività, le richieste sono provenienti da ogni Paese e i complimenti che arrivano sono la vera soddisfazione per un lavoro del genere. Il prezzo delle singole moto varia – ad un massimo di 9.500 euro – in base agli articoli che vengono utilizzati per la composizione. Io non desidero fare impresa, desidero costruire un prodotto per chi ha la cultura del bello e il bello può anche essere una bicicletta elettrica da sfoggiare in una semplice passeggiata. Ad oggi faccio quello che normalmente l’Italia faceva negli anni ’20 e negli anni ’30; una volta il bello era la regola perché non avevamo problemi di costo/orario. Questi sono dati che cerco di non guardare mai, dal momento che i tempi di produzione – la costruzione può anche durare tre mesi – e i costi riducono il guadagno a un semplice stipendio. Il mio obiettivo sarebbe quello di raggiungere la produzione di 40 biciclette l’anno, ma il succo di tutto questo arriva con i complimenti. Quando dicono che un mio prodotto è bello arrossisco e basta questo per sentirmi appagato».
Ci sono nel futuro progetti che comprendono l’espansione del brand?
«Non ho mai cercato il risultato economico e mai lo cercherò, appunto per questo il prodotto finale sarà sempre un risultato di un compromesso, come può essere il lavoro di un pittore o di un artista. Il mio scopo, in poche parole, è quello d’incontrare il mio gusto personale con il gusto personale di qualcun altro, senza la pretesa e la volontà di espandere la mia attività. Sarebbe come chiedere a un pittore di farsi aiutare per dipingere dei quadri e il risultato potrebbe anche essere migliore, ma non sarebbe il risultato che partorisce dalla mia testa e questa attività la sento molto, gelosamente, mia. È un lavoro che potrebbe fare chiunque nella propria cantina e che faccio, personalmente, per pura e semplice passione e voglio che rimanga così fino alla fine».
Francesco Mascali
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Articoli di proprietà di Voci di Città, rilasciati sotto licenza Creative Commons.
Sei libero di ridistribuirli e riprodurli, citando la fonte.
Proprietario, editore e vice direttore di Voci di Città, nasce a Catania nel 1997. Da aprile 2019 è un giornalista pubblicista iscritto regolarmente all’albo professionale, esattamente due anni dopo consegue la laurea magistrale in Giurisprudenza, per poi iniziare la pratica forense presso l’ordine degli avvocati di Catania. Ama viaggiare, immergersi nelle serie tv e fotografare, ma sopra tutto e tutti c’è lo sport: che sia calcio, basket, MotoGP o Formula 1 non importa, il week-end è qualcosa di sacro e intoccabile. Tra uno spazio e l’altro trova anche il modo di scrivere e gestire un piccolo giornale che ha tanta voglia di crescere. La sua frase? «La vita è quella cosa che accade mentre sei impegnato a fare altri progetti»