Fino a qualche anno fa, quando si pensava di avviare una nuova azienda, la maggior parte degli startupper lo faceva in collaborazione con qualcun’altro, sia esso un amico o un parente. Anche sul posto di lavoro, sotto corresponsione altrui, spesso capita di dover cooperare con un collega nello svolgimento di determinate mansioni, risultando, questa, la migliore delle condizioni. Tuttavia, in base a quanto spiega l’Harward Business Review sul suo ultimo numero, col passare del tempo e dei vari “trend”, anche la collaborazione sembra esser diventata obsoleta e alquanto noiosa.
Uno degli impieghi, poi, che soffre maggiormente di questo status – secondo un articolo pubblicato sul giornale britannico Economist – è proprio quello intellettuale: coloro i quali si occupano di cultura esigono lunghi momenti di concentrazione e il fatto di dover collaborare per forza perché impostogli, provoca loro insoddisfazione e ansia. Per l’appunto, ricercatori universitari hanno avvalorato che la cooperazione obbligatoria è diventata un problema serio: Gloria Mark della University of California ha rivelato che le continue interruzioni, anche concise, prolungano in modo significativo le ore essenziali all’adempimento di un compito. Anche il multitasking diminuisce sostanzialmente la qualità del lavoro e ne aumenta le ore.
I dirigenti riscontrano i benefici della collaborazione, ma non sanno misurarne i costi. Secondo una ricerca della University of Virginia, difatti, si è verificato che gli impiegati nella cultura dedicano il 70-80% del proprio tempo nei meeting a occuparsi di e-mail o telefonate aziendali, tempo sottratto a lavoro che poi viene portato a termine a casa propria. Un milione di dollari l’anno viene speso solo per la gestione della posta elettronica, somma che grava per il 95% sul costo dell’occupazione. In ogni caso, l’impiego più complicato è diventato quello da svolgere all’interno di uffici open space e che richiede un livello di concentrazione estremo.
Resta da appurare, in definitiva, se colui il quale sta seduto dietro una scrivania stia davvero producendo qualcosa d’importante o facendo, in realtà, nulla di concreto. Secondo l’Harward Business Review, sono poche le persone che collaborano attivamente e producono altrettanto, ecco perché è fondamentale che le aziende riconoscano che il tempo impiegato nell’amministrazione di e-mail, eccetera, influisce negativamente. Da dirigente, riuscire a dare spazio per pensare non solo fa sì che il compito venga svolto nel migliore dei modi, ma permette anche di distendere i nervi. «Chi fa da sé fa per tre» è, quindi, la cosa più giusta?
Anastasia Gambera
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