Sull’onda del recente scandalo di violenze sessuali ad Hollywood, Washington rilascia un primo report sugli abusi nelle basi militari. Quasi 15000 donne e uomini, che fanno parte dell’esercito, sono vittime di un sistema appestato da tossico machismo e diffusa misoginia.
WASHINGTON, USA – 6.172 i casi di violenze sessuali nel settore militare denunciati ufficialmente nell’ultimo rapporto del Pentagono; 14.900 i casi di molestie dichiarate in questionari anonimi dai soldati, donne e uomini, dell’esercito americano. Questa è la realtà di un fenomeno sommerso, come quello degli abusi sessuali, in un settore altamente gerarchizzato e fortemente sessista, come quello militare. Se i numeri appena visti non bastano a trasmettere il messaggio, dal report del Dipartimento di Difesa americano se ne evincono altri: circa il 25% delle donne nell’esercito sono state violentate, più dell’80% di queste hanno subito delle molestie.
Nelle ultime settimane, non si è fatto altro che parlare – dopo il vespaio sollevato dallo scandalo Weinstein – di violenze sessuali. C’è chi si è schierato dalla parte di tutte quelle donne che, con coraggio, hanno denunciato le molestie subite contribuendo a svelare questa realtà; c’è chi, «con paternalistico garantismo», ha grossolanamente tacciato tutto il fenomeno di maccartismo o, peggio ancora, ha accusato le vittime di tali abusi di aver denunciato solo perché alla ricerca di quei cinque minuti di fama con cui ravvivare le proprie carriere.
Da quanto visto, sembra quasi che sia stato aperto un Vaso di Pandora sul fenomeno e che l’opinione pubblica stia finalmente prendendo coscienza della gravità e della diffusione delle violenze sessuali, non solo nell’ambiente hollywoodiano ma in gran parte di tutti gli ambienti lavorativi, a dimostrazione che – come se ce ne fosse bisogno – tali reati a sfondo sessuale sono, in realtà, reati di potere.
Uno dei settori in cui questo fenomeno è rimasto più a lungo sommerso è, indubbiamente, quello militare. Che la vita nelle file dell’esercito sia più complicata di quella civile è un dato di fatto: vuoi la sua struttura necessariamente gerarchica, vuoi l’ampia e radicata componente misogina della lunga esclusione delle donne dagli eserciti; le cause alla base delle statistiche relative alle violenze sessuali, commesse in questo ambito, sono talmente tante che non avrebbe nemmeno senso elencarle. Tra tutte, tuttavia, spicca quella dell’abuso di autorità: nella maggior parte dei casi, i responsabili sono spesso i diretti superiori delle vittime, come descritto da François Pesant nel suo reportage An Enemy Within, in cui vengono ripercorse le storie di chi, come Shatiima Davis, si è sottratta alle violenze messe in atto dal suo Comandante e per questo è stata allontanata dall’esercito; oppure di chi, come Jeremiah Arbogast, ha provato a togliersi la vita dopo essere stato stuprato dal suo superiore.
Non dovrebbe sorprendere che, tra le storie raccontate da Pesant, compaia un nome maschile: sono state circa 26.000 le violenze sessuali commesse ai danni di uomini nell’esercito e la maggior parte di queste sono state perpetrare da altri uomini; il che apre tutta un’altra – altrettanto grave – tematica riguardo al trattamento degli omosessuali negli ambiti militari e delle forze dell’ordine: argomento che meriterebbe di essere trattato autonomamente in una sede diversa. Da ciò si evince anche quanto sia rilevante la componente dell’abuso di potere di cui si parlava prima ma anche quanto quella tossica mascolinità, predicata fino alla morte in questi ambienti, sia un fattore preminente che contribuisce a incoraggiare le molestie fino al punto da farle diventare delle vere e proprie violenze.
Quanto detto fin qui non è un discorso relativo esclusivamente all’esercito americano. In Italia la situazione è altrettanto grave, se non – addirittura – peggiore anche a causa del tipico machismo nostrano di cui sono macchiate le nostre istituzioni e, in particolare, le nostre Forze dell’Ordine. Secondo OFCSreport, circa sette milioni di donne in Italia – nel 2015 – hanno subito forme di violenza fisica o sessuale ma non sono disponibili dati ufficiali circa la situazione per chi è impegnato nell’Esercito. Un caso che ha ricevuto un minimo di esposizione mediatica è stato, sicuramente quello di Giorgia Rampazzo che, come riportato da AS.SO.DI.PRO, dopo aver denunciato le violenze subite dal suo superiore, è stata soggetta ad intimidazioni e minacce prima di essere definitivamente allontanata dalle Forze Armate perché affetta da stress post-traumatico. La vicenda fu anche presa in analisi da un’interrogazione parlamentare ma, nonostante la sentenza penale passata in giudicato, la vittima non fu mai reintegrata nei suoi gradi, né risarcita dopo la violenza subita.
Francesco Maccarrone
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