Secondo uno studio di Tuttoscuola le Graduatorie ad esaurimento verranno definitivamente smaltite nel 2057, ma bisognerà fare i conti con l’età e l’esigua esperienza dei nuovi docenti
È stato recentemente pubblicato da Tuttoscuola, la più accreditata testata specializzata nel settore scolastico, un dossier tanto dettagliato quanto scoraggiante inerente ai tempi di smaltimento delle graduatorie docenti. Il giornale di Giovanni Vinciguerra ha, infatti, calcolato che per dissipare le Gae (graduatorie ad esaurimento) serviranno ancora 41 anni per la scuola dell’infanzia e 14 anni per la scuola primaria. Una prospettiva surreale considerando che quelle stesse graduatorie furono istituite per la prima volta nel 2007 dall’allora Ministro dell’Istruzione Fioroni, al fine di sostituire le graduatorie permanenti e svuotare così il bacino dei precari generato da una catena di sanatorie che affonda le sue radici nel 1859 con un decreto di Vittorio Emanuele II. L’auspicio era di esaurire le Gae entro 5 anni, ma due anni prima della teorica fine Maria Stella Gelmini, Ministro dell’Istruzione del Governo Berlusconi, ne ipotizzò la chiusura entro 6/7 anni, spostando di fatto l’orizzonte al 2016/2017. Troppo ottimista apparve, forse, Matteo Renzi quando, nel 2014, promise che entro un anno, dunque nel 2015, tutti gli iscritti alle Gae sarebbero stati assunti, ma due anni dopo fu proprio il Ministro dell’Istruzione del mandato renziano ad ammettere l’effettiva necessità di una fase transitoria, prima di arrivare alla loro definitiva soppressione.
Un’odissea lunga dieci anni e che non è ancora destinata a concludersi. Secondo le predizioni di Tuttoscuola, infatti, bisognerà aspettare almeno il 2057 prima di vedere le graduatorie ad esaurimento effettivamente esaurite. Quest’arco temperale, tuttavia, verrà inevitabilmente condizionato dal ricambio generazionale in classe: guardando alle regole pensionistiche attuali, nel prossimo decennio lasceranno l’insegnamento quasi 300 mila docenti (il 40% del totale), di cui poco meno della metà nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria. I nuovi docenti, dunque, continueranno ad accedere all’insegnamento attraverso i due canali: i concorsi e le Gae. I primi sono aperti sia a coloro che hanno completato la formazione attraverso il percorso più convenzionale (laurea quinquennale in Scienze della Formazione primaria, tirocinio in classe affiancati da tutor e assimilazione di competenze linguistiche di livello B2 e digitali), sia ai diplomati delle vecchie scuole magistrali. Discorso diverso vale per le Graduatorie ad esaurimento, le quali annoverano profili ben più variegati. Si parla, infatti, di docenti con una lunga esperienza sul campo che negli anni hanno garantito il servizio scolastico in condizioni di precarietà e di altri, per la maggior parte entrati in graduatoria attraverso sentenze del Tar o pronunce del Consiglio di Stato, senza una laurea e senza esperienza.
Il problema dell’età e della scarsa, se non nulla, esperienza è stato uno dei focus dell’inchiesta. Prendendo ad esempio solo materne ed elementari, con una media di 42/43 anni di età degli aspiranti maestri, circa 4 su 5 risultano iscritti alle graduatorie «con zero punti di servizio: verosimilmente è da ritenere che non abbiano mai insegnato». Non vi è un futuro più roseo per le scuole primarie dove «Su 5.356 iscritti, risultano con zero punti di servizio ben 4.916 (91,8%): nove su dieci è da ritenere che non abbiano mai insegnato».
Le percentuali, però, si sa, non giocano a favore dell’Italia che vanta solo il 26% di laureati ‒ penultima in Europa davanti solo alla Romania ‒ fra i 30 e i 34 anni e che conta 3 docenti su 100, nelle scuole superiori, con meno di 40 anni, contro i 26 di Francia e Germania, i 43 del Belgio e i 46 del Regno Unito.
Francesca Santi
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