Un giovane artigiano di Buenos Aires è scomparso da un mese dopo aver preso parte a una protesta del popolo Mapuche nei possedimenti patagonici della famiglia Benetton. Ancora non si hanno notizie sulla sorte del giovane.
Cos’è successo a Santiago Maldonado? È la domanda che anima il popolo argentino, dalle aule delle scuole alle fabbriche, le sedi di sindacati, giornali e intellettuali. Già virale sui social e nelle piazze di tutta Buenos Aires, da un mese associazioni per i diritti civili chiedono a gran voce una verità scomoda per il governo argentino. Lo scorso primo settembre migliaia di persone si sono riunite in Plaza de Mayo, luogo simbolo dei desaparecidos argentini, per esprimere solidarietà al ragazzo, spingendo il presidente Mauricio Macri a interrompere il suo silenzio sulla vicenda per sollecitare le indagini degli inquirenti. Ripercorriamo i fatti di queste ultime settimane.
La celebre azienda italiana United Colors of Benetton negli anni grazie alle sue abili strategie di marketing ha saputo costruirsi un’immagine schierata sulle questioni sociali, divenendo un brand sinonimo di apertura e multiculturalismo. Pochi conoscono però la controversa realtà del popolo indigeno dei Mapuche, storicamente abitante delle terre patagoniche acquisite nel 1991 dalla famiglia Benetton dalla Argentine Southern Land Company Limited per un valore di oltre 50 milioni di dollari. Un territorio di oltre 900 mila ettari a cui il “Popolo (che) della Terra (mapu)” non ha voluto rinunciare, rivendicando il proprio diritto ad abitarla.
Quando l’azienda italiana ne ha acquisito la proprietà non vi sono state esitazioni nello sgomberare villaggi, sfollando intere famiglie con l’ausilio delle forze di polizia dello Stato. Lo scorso 1 agosto la Gendarmeria Nacional, forza armata guidata dal Ministero della Sicurezza del Governo, aveva fatto irruzione nella comunità Pu Lof per sedare una manifestazione di attivisti in difesa della causa dei Mapuche: è qua che si perdono le tracce di Santiago, un giovane artigiano di 28 anni impegnato nei diritti civili delle comunità indigene. Capelli neri, barba folta, occhi intensi, un viso che non si dimentica e infatti il caso esplode ben presto in tutto il paese, unendo diverse generazioni nella comune ricerca di verità.
Il Governo guidato da Mauricio Macri per settimane ha ignorato la vicenda, confidando forse nel fatto che la notizia si sgonfiasse presto da sola. D’altronde le priorità sembrano ben altre viste le future elezioni parlamentari previste il 22 ottobre; sarebbero altre le vere sfide che si pongono al Paese. Per il Presidente infatti il caso non sussiste: il ragazzo era accusato di terrorismo, viveva da mesi con i mapuche sapendo di essere ricercato, poco importano le dichiarazioni di amici e parenti a testimonianza della sua scomparsa per mano della Gendarmeria. Quello di cui non ci si è resi conto è di come la vicenda di Santiago abbia risvegliato nel popolo argentino paure sopite. Non sono così lontani gli echi della dittatura militare di Jorge Rafael Videla (1976-1983) che fece sprofondare l’Argentina nel terrore.
Le torture, gli arresti indiscriminati, le sparizioni forzate che portarono in seguito a stimare oltre 30mila desaparecidos, in una delle più brutali escalation di violenza che abbia mai colpito il paese. Anni di ricerche di amici e parenti di cui non si conoscevano i destini, coppie sedate e gettate nel vuoto da aerei e figli cresciuti dagli stessi carnefici dei loro genitori, per non citare l’Esma, centro clandestino di detenzione e tortura gestito dall’Armada. “Nunca màs” (Mai Più) il popolo è chiaro non ha bisogno di un altro desaparecido, chi tace sa e chi si mobilita non è disposto a far cadere la vicenda nel dimenticatoio. Secondo il Coordinamento contro la repressione della polizia si contano dal 1983 circa 210 scomparse per mano dello Stato e di organizzazioni clandestine ad esso affiliato e Santiago è solo l’ultimo ad aggiungersi a questi. Il ministro degli Interni assicura che sia in corso un’indagine approfondita, perfino il presidente Macri recentemente ha chiesto pubblicamente agli inquirenti impegno e velocità per far luce sulla vicenda, in vista delle lezioni imminenti. Vivo o morto, Santiago Maldonado deve essere ritrovato.
Diana Avendaño Grassini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Articoli di proprietà di Voci di Città, rilasciati sotto licenza Creative Commons.
Sei libero di ridistribuirli e riprodurli, citando la fonte.
Ti piacerebbe entrare nella redazione di Voci di Città? Hai sempre coltivato il desiderio di scrivere articoli e cimentarti nel mondo dell’informazione? Allora stai leggendo il giornale giusto. Invia un articolo di prova, a tema libero, all’indirizzo e-mail entrainvdc@vocidicitta.it. L’elaborato verrà letto, corretto ed eventualmente pubblicato. In seguito, ti spiegheremo come iscriverti alla nostra associazione culturale per diventare un membro della redazione.