A dicembre il popolo italiano sarà chiamato a votare il referendum costituzionale promosso da Maria Elena Boschi, ministro senza portafoglio per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, e dal Governo Renzi. La riforma costituzionale in questione, approvata dalla Camera dei Deputati e dal Senato della Repubblica (evidentemente a maggioranza assoluta), sarà dunque passata al vaglio del popolo tramite lo strumento del referendum costituzionale. Sia chiaro che quest’ultimo differisce dal referendum abrogativo ex art. 75 Costituzione, infatti è disciplinato dall’art. 138 (stessa norma che regola anche le riforme costituzionali): la fondamentale differenza tra le due forme referendarie sta nella necessità di raggiungimento di un quorum strutturale, per l’abrogativo è richiesta la presenza alle urne del 50% + 1 degli aventi diritto al voto, per il costituzionale invece no.
Questa la previsione normativa del 138: «Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti». Tra le tante innovazioni vi sono, in primis, la previsione di quote rose: il nuovo art. 55 disporrà che «Le leggi che stabiliscono le modalità di elezione delle Camere promuovono l’equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza».
Il punto più caldo della riforma è certamente quello che prevede la fine del bicameralismo perfetto, cioè di un equilibrio di poteri tra le due camere ‒ Camera dei Deputati e Senato della Repubblica ‒ ; ad oggi una legge deve essere approvata da ambedue i rami del Parlamento, idem per la concessione della fiducia al Governo. Con la riforma Boschi – Renzi, la Camera diviene l’unica Assemblea, eletta a suffragio universale diretto, capace di approvare le leggi e concedere la fiducia all’Esecutivo. Il Senato verrà ridotto a un mero organo rappresentativo delle regioni ‒ il cui nome diverrà Senato delle Regioni ‒ e sarà composto da 100 senatori (ad oggi sono 315). Inoltre i membri non verranno eletti dai cittadini, indi per cui 95 senatori saranno eletti dai Consigli Regionali con sistema elettorale proporzionale. Di questi 95, 21 saranno sindaci ‒ uno per ogni regione, ad eccezione del Trentino – Alto Adige che ne nominerà due ‒ e 74 consiglieri regionali proporzionati alla popolazione e ai voti ottenuti; il numero minimo di questi è fissato a 2 .
Tali senatori resteranno in carica per tutta la durata del loro mandato di amministratori locali e percepiranno soltanto lo stipendio concessogli nell’esercizio delle loro funzioni e non più quello da parlamentari. E i senatori a vita? Gli altri 5 membri del Senato, rilegato ormai ad una funzione di raccordo tra Stato e Regioni, verranno eletti dal Presidente della Repubblica e avranno un mandato di durata settennale. Solo i Capi dello Stato uscenti potranno essere senatori a vita. Il nuovo Senato, così, potrà esprimere pareri sui disegni di legge che sono passati alla Camera, avendo facoltà di proporre modifiche non vincolanti in merito che potrebbero anche essere respingente. Resterà loro voce in capitolo solo in ambito di leggi e riforme costituzionali, leggi sui referendum popolari, normative ex art. 6 (sulla tutela delle minoranze linguistiche) e legislazione elettorale. Con la nuova riforma, in più, solo la Camera potrà deliberare lo stato di guerra. Come poteri derivanti dalla carica originaria, manterranno solo la facoltà di elezione del Presidente della Repubblica, dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) e dei giudici della Corte Costituzionale (tre eletti dalla Camera e due dal Senato). Infine, sarà il Presidente della Camera a supplire in caso di impedimento temporaneo del Presidente della Repubblica, sarà il Presidente della Camera.
Il Consiglio Nazione dell’Economia e del Lavoro è un organo composto da 64 consiglieri ‒ esperti e rappresentanti delle categoria produttive ‒ di natura ausiliare, il quale, secondo l’art. 99 della Costituzione, ha iniziativa legislativa e può contribuire all’elaborazione della legislazione economica e sociale «secondo i principi ed entro i limiti stabiliti dalla legge». Svolge anche una funzione di consulenza sulle materie e le funzioni attribuitegli dalla legge per il Parlamento e il Governo. Il ddl Boschi ne prevede la totale soppressione.
Ai sensi dell’art. 83, comma 1, il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune, inoltre, secondo il comma 2 della stessa norma, «all’elezione partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. La Valle d’Aosta ha un solo delegato». Con il ddl Boschi la presenza di questi verrebbe eliminata, lasciando al solo Parlamento in seduta comune l’elezione del Presidente della Repubblica. Inoltre, ai sensi del comma 3 l’elezione «ha luogo per scrutinio segreto e avviene a maggioranza di due terzi dell’assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta (50% + 1 dei membri n.d.r.)»: con la nuova riforma la maggioranza qualificata perdurerà fino al quarto scrutinio, poi serviranno i tre quinti degli aventi diritto affinché la votazione sia valida, solo dopo la sesta tornata dei votanti.
Con il passaggio della riforma costituzionale diverse materie soggette a potestà concorrente, tornerebbero ad essere sotto l’alea della potestà esclusiva statale, tra cui: l’ambiente, la gestione di porti e aeroporti, i trasporti e la navigazione, la produzione e distribuzione dell’energia, le politiche per l’occupazione, la sicurezza sul lavoro e l’ordinamento delle professioni. Alle Regioni andranno solo le materie non attribuite in via esclusiva allo Stato: è la morte della potestà concorrente. Su proposta del Governo, la Camera potrà anche approvare leggi di competenza squisitamente regionale quando lo richiedano degli interessi di spessore come, ad esempio, la tutela dell’unità giuridica ed economica della Repubblica (clausola di supremazia). Verranno tra l’altro abolite le Province.
Francesco Raguni
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