L’estremismo islamico ha un obiettivo ben preciso: creare disordine all’interno della società occidentale, facendone crollare i valori cardinali. Dalle vite umane distrutte sotto le bombe alle convinzioni politiche, economiche e culturali. Ma com’è possibile che abbiano tutta questa libertà? Forse i loro principali sostenitori siamo proprio noi.
Il recente attentato di Manchester è soltanto l’ultimo tentativo riuscito da parte degli jihadisti. Analizzando la situazione, si può facilmente notare che nulla è lasciato al caso: il Regno Unito, per esempio, è in un momento di forte instabilità a causa della Brexit e delle imminenti elezioni politiche fissate per l’8 giugno. E questo nuovo attentato ha alimentato il terrore già diffuso, non solo in Inghilterra, ma in tutta Europa. La conseguenza principale è quella di aumentare la popolarità dei partiti ideologicamente schierati all’estrema destra, aumentando così i populismi e spaventando i cittadini. Questi, ormai, sempre più frequenti attacchi di violenza gratuita da parte del califfato, alimentano il malcontento tra i cittadini europei, facendo nascere spesso divisioni interne potenzialmente molto pericolose. Lo scopo finale dell’estremismo islamico è quello di condurci ad una guerra globale, portando il conflitto alle porte di casa nostra come noi l’abbiamo portata alle loro. Ma è il caso di fare alcune considerazioni su come i terroristi ottengano la divulgazione delle ideologie, il consenso e il sostegno, sia economico che organizzativo.
«Nella sua lotta al terrorismo, l’occidente è in guerra con l’uno ma stringe la mano all’altro», scrive Kamel Daoud sul quotidiano The New York Times. Prima di tutto, troviamo la delicata questione della vendita di armamenti da parte delle nazioni occidentali, le quali trovano il loro maggiore guadagno proprio da parte delle stesse nazioni orientali. Se gli Stati Uniti si pongono come principale fornitore di armi, guadagnando più di 400 miliardi di dollari l’anno, l’Italia non è da meno. Poco più di un mese fa è stata rilasciata dal Governo italiano la Relazione sul commercio e sulle autorizzazioni all’esportazione di armi, e ciò che ne è emerso è che nel 2016 le esportazioni italiane di sistemi militari hanno superato i 14,6 miliardi di euro, con un aumento dell’85,7% rispetto ai 7,9 miliardi del 2015. E se paragonassimo il dato a quello del 2014, sarebbe ancora più impressionante: + 452% in soli due anni. E chi troviamo tra i principali acquirenti? Il Kuwait, con, nel 2016, esportazioni per 7,7 miliardi, l’Arabia Saudita con 427,5 milioni (prima ancora degli Stati Uniti), poi il Qatar con 341 milioni e la Turchia con 133 milioni. Tutti Stati in cui i diritti umani vengono sistematicamente violati e su cui, tra le altre cose, incombono pesanti ombre sulla fornitura di armi e appoggio ai miliziani dell’Isis.
Un altro fattore che complica i rapporti geopolitici tra Medio Oriente e Occidente è la nostra dipendenza energetica dal petrolio. Versiamo somme ingenti di denaro nelle loro casse per usufruire di questo servizio, divenendo, appunto, loro sudditi. Le tecnologie per liberarci dalla dipendenza dei combustibili fossili ci sarebbero, dalle variegate fonti rinnovabili alle nuove centrali solari a concentrazione, ma per adesso, finanziare i nostri “nemici” sembra la soluzione più semplice. Annullare il flusso di denaro verso tutti i Paesi arabi permetterebbe, infatti di ridurre le capacità economiche di queste culture così estreme, impedendo, probabilmente, anche il finanziamento al terrorismo internazionale. Perfino la questione propagandistica non è da sottovalutare: migliaia di giornali, siti Web e canali televisivi islamisti (come Echourouk e Iqra) impongono la loro visione unica del mondo: dall’abbigliamento a ciò che è permesso o non lo è, a cosa bisogna combattere o meno. In essi l’Occidente è presentato come il luogo dei “Paesi empi” e gli attentati sono raccontati come conseguenza degli attacchi all’Islam da parte nostra: il messaggio di base è che i musulmani e gli arabi devono essere nemici dei laici e degli ebrei. La questione palestinese, la distruzione dell’Iraq e il ricordo del trauma coloniale vengono usati, appunto, per convincere le masse alla guerra santa. Tutto questo non è sottoposto a un regime di censura, o di controllo preventivo dei contenuti, permettendo così molto più facilmente, il reclutamento di nuovi adepti in tutto il mondo, non solo nei territori controllati dai miliziani, insistendo soprattutto con la popolazione più giovane.
Noi, nel frattempo, continuiamo a denunciare lo jihadismo come il male assoluto, senza mai riflettere sulle strategie che lo hanno creato. Forse, per i politici di turno, continuare con le attuali impostazioni di politica estera sembrerà giusto e politicamente corretto; e di certo, in questo modo, raggiungeranno, sì, i loro scopi elettorali, ma non potranno prevenire futuri attentati salvaguardando vite umane. Spegnere il flusso di denaro verso tutti i Paesi arabi permetterebbe, sicuramente, di ridurre le capacità economiche di questi territori così lontani dai concetti di democrazia, tutela dei diritti umani e pari opportunità.
Sara Forni
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