WASHINGTON D.C. – Il braccio di ferro tra Casa Bianca e amministrazioni statali prosegue con il rischio che assuma sempre di più i contorni di un gigantesco, nonché pericoloso, tiro al bersaglio. Adesso il duro confronto tra le due parti si sposta sull’immigrazione, tema centrale dell’agenda di Donald Trump.
Già nel corso della campagna elettorale che in novembre l’aveva condotto vittoriosamente ad assumere la presidenza della Casa Bianca, il tycoon aveva puntato il dito contro gli Stati e le comunità locali che riconoscono la residenza agli immigrati irregolari (i quali usufruiscono di prestazioni sanitarie), promettendo di “chiudere i rubinetti” alle cosiddette “città-santuario”, ovvero le grandi metropoli come New York, Los Angeles, Chicago, San Francisco o Atlanta, che foraggiano le politiche dell’accoglienza e rifiutano la linea dura tratteggiata da Washington. Sul piatto ci sono 4 miliardi di dollari che il Dipartimento di Giustizia ha destinato per il 2017, eppure il banco rischia di saltare in parte se non del tutto nel caso in cui gli amministratori si rifiutassero di collaborare con gli agenti federali e non si allineassero ai diktat presidenziali. Del resto le grandi città sono ormai da tempo sul piede di guerra. Il governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo e il primo cittadino della “Grande Mela” Bill de Blasio, il quale aspira alla leadership del Partito Democratico in vista delle elezioni del 2020, passano all’attacco e non mancano di far notare gli interventi restrittivi sul sociale e i servizi pubblici.
Dopo un primo tentativo andato a vuoto con l’Obamacare, la legge che garantisce l’assicurazione sanitaria minima obbligatoria ai cittadini americani, il tycoon prova a smantellare un’altro pezzo di eredità lasciata dal suo predecessore, il quale aveva introdotto un piano di sostegno all’immigrazione in quelle metropoli che adesso voltano le spalle alla Casa Bianca.
Gabriele Mirabella
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