Il Consiglio dei ministri ha varato, l’11 aprile scorso, il nuovo Documento di Economia e Finanza, noto anche come Def. Da tale documento, una delle principali previsioni programmatiche che salta all’occhio riguarda le banche, con il Governo che ha stanziato 10 miliardi di euro per la ricapitalizzazione degli istituti bancari. Seguendo l’analisi de L’Huffington Post, si evince che l’obiettivo è quello di centrare un rapporto deficit/pil all’1,2% nel 2018. Una parte della copertura arriva da un altro giro di tagli ai ministeri, nell’ambito della spending review, pari a circa 1 miliardo.
Nel 2017 il Governo «ipotizza un utilizzo pari a circa metà delle risorse rese disponibili per la ricapitalizzazione precauzionale delle banche a dicembre 2016 (20 miliardi, ndr)» si legge nel documento. «Alcuni fattori tecnici rallenteranno la discesa del debito in rapporto al Pil, in particolare il fatto che il fabbisogno di cassa rimanga al di sopra dell’indebitamento netto lungo tutto il periodo» di previsione delineato dal Def (cioè fino al 2020, ndr). «Di conseguenza, il programma, sebbene assai ambizioso in termini di saldi di bilancio, non arriva a soddisfare la regola del debito nel 2018 (su base prospettica riferita al 2020). Va tuttavia considerato che la piena attuazione del programma genererebbe notevoli risparmi sui pagamenti per interessi non incorporati nella previsione. I livelli dei rendimenti che saranno effettivamente registrati da qui a fine 2020 potrebbero essere inferiori a quelli impliciti nella curva dei rendimenti, per due motivi: i tassi dell’euro potrebbero salire meno del previsto e il differenziale fra rendimenti italiani e tassi swap dell’euro potrebbe ridursi grazie ad una credibile azione riformatrice e di riduzione del deficit, pur in un contesto di incertezza percepita dagli investitori. Il rapporto Debito/Pil ne beneficerebbe».
Secondo le proiezioni del Governo, le riforme avranno un impatto positivo sulla crescita, stimata in 2,9 punti del Pil in cinque anni (stime positive rispetto allo scenario di base, ovvero 4,7 punti in dieci anni). L’impatto maggiore dovrebbe arrivare dalle norme di Industria 4.0 (1,2 punti del Pil). Da tali riforme, guardando in chiave macroeconomica, le previsioni dicono che ci sarà anche un incremento di 2,5 punti dei consumi e di 4,4 punti degli investimenti, sempre nell’arco di cinque anni. In caso la BCE, come previsto, terminerà il programma di quantitative easing entro la fine del 2018, e «l’Italia non deve farsi trovare impreparata», si legge. «Il trade-off fra maggiore o minore disciplina di bilancio e fra diverse opzioni di politica economica, andrà quindi valutato alla luce del fatto che un’elevata credibilità può portare a forti risparmi sulla spesa per interessi, liberando risorse per la riduzione del carico fiscale e per la coesione sociale».
Nel Governo di Matteo Renzi era stato inserito, nel cronoprogramma delle riforme per il 2018, una riduzione dell’Irpef. Tuttavia, tale programma è stato eliminato e sostituito con il taglio del cuneo fiscale: «Sarà cruciale il taglio del cuneo fiscale per ridurre il costo del lavoro e aumentare parallelamente il reddito disponibile dei lavoratori. Per il governo rimane fermo l’impegno a proseguire, compatibilmente con gli obiettivi di bilancio, il processo di riduzione del carico fiscale che grava sui redditi delle famiglie e delle imprese». Tema importante è sicuramente quello dei fondi per il contrasto della povertà. Le risorse stanziate dal Governo per la lotta alla povertà ammontano complessivamente a 1,2 miliardi nel 2017 e 1,7 miliardi nel 2018. Il Def precisa gli ambiti di intervento: reddito di inclusione, misura universale di sostegno economico alle famiglie in povertà (che prenderà il posto del Sostegno per l’inclusione attiva), con un ampliamento della platea (oggi 1,77 milioni di persone), ridefinizione del beneficio condizionato alla partecipazione a progetti di inclusione sociale, e rafforzamento dei servizi per l’autonomia.
Come precedentemente detto, c’è stato, inoltre, un netto taglio ai ministeri: «Dal lato della spesa, anche sulla scorta della riforma della procedura di formazione del bilancio, si attuerà una nuova revisione della spesa. Le Amministrazioni centrali dello Stato contribuiranno al conseguimento degli obiettivi programmatici con almeno un miliardo di risparmi di spesa all’anno». Il testo del Def precisa che «tale contributo sarà oggetto del Dpcm previsto dalla nuova normativa». Un tema delicato è sempre quello della lotta all’evasione fiscale. Nel 2017, grazie alle ultime misure di contrasto all’evasione introdotte a ottobre dell’anno scorso, si stima «un ulteriore recupero di gettito pari a 2,1 miliardi per l’anno d’imposta 2017». Complessivamente, «Il miglioramento dei dati economici e delle aspettative nelle economie avanzate, Italia compresa, potrebbe giustificare una significativa revisione al rialzo della previsione di crescita del Pil per il 2017». Infine, tra gli obiettivi fissati dal Def troviamo: il calo della disoccupazione dall’11,7% del 2016 al 10% entro il 2020; la riduzione della pressione fiscale dal 42,9% del 2016 al 42,4% del 2020; e un lieve aumento dell’inflazione, dallo 0,8% del 2016 all’1,9% del 2019.
Marco Razzini
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