«Non dico che a Palmira ci sia stato un vero passaggio di consegne tra il regime e l’Isis, ma posso dire che un mese prima che Palmira cadesse nelle mani dell’Isis, era giunta alla Commissione sicurezza un’informativa sul fatto che l’Isis avrebbe compiuto un’offensiva su Palmira e Al Sakhna il 12 maggio 2015. Abbiamo avvisato personalmente Bashar al Assad di questo fatto. Invece di preparare un piano per difendere e tutelare la città, mandando immediatamente nuove truppe militari, Assad – riporta tpi.it – ha favorito l’ingresso dell’Isis facendo ritirare le sue truppe da Al Sakhna. Voglio chiarire che il numero dei militari del regime che si trovavano a Palmira era superiore a 18mila, dotati di mezzi pesanti, mentre gli uomini dell’Isis, secondo i rapporti della sicurezza e le testimonianze della gente del posto, non superavano le 600 unità»
Ciò che è accaduto è che Bashar al Assad ha ordinato alle sue milizie di ritirarsi senza combattere e le ha dirette verso l’aeroporto militare di Tayfur, sulla strada verso Homs. Il colonnello Malek Habib mi ha confermato personalmente che la Russia ha avvisato Assad che se l’Isis avesse preso il controllo di Palmira e si fosse avvicinata alle città cristiane di Mahin e Sadad, vicine a Palmira, la Russia sarebbe intervenuta militarmente nel conflitto»: queste sono state le parole di Mohamed Qassim Nasser, ex procuratore generale di Palmira.
L’uomo, fuggito dalla Siria, rilasciò questa dichiarazioni molto scottanti nel non troppo lontano febbraio 2017. Eppure la realtà sembra dimostrare altro: per tutto il mondo, Assad è nemico giurato dell’ISIS e da anni sembra essere schierato al fianco di chi la combatte, per Nasser invece è solo un doppiogiochista, dato che indirettamente ha spalancato le porte di casa sua al nemico. A chi credere? Di sicuro le parole di un procuratore capo hanno un peso importante: «L’Isis e Palmira hanno funzionato da esca per ottenere un pieno appoggio militare del governo di Putin», spiega infine.
A portare acqua al mulino di Nasser è poi un pezzo pubblicato dall’agenzia di stampa inglese Reuters: qui, la stessa, approfondisce gli accordi economici siglati tra Hossam al Katerji, definito – scrive tpi.it – «l’Aristotele Onassis siriano», e il Califfato. Vista la sua forza economica, al Katerji viene dipinto come colui che fa da mediatore tra l’ISIS e il Governo di Assad, che sulla carta, però, è in guerra con lo Stato Islamico. È evidente che qualcosa non quadra. Nell’approfondimento di Reuters si parla di un giro d’affari da duemila barili di petrolio venduti al giorno ad un prezzo di quaranta dollari ciascuno. Eppure non ci si dovrebbe meravigliare di ciò, dato che, già nel 2015, il Governo degli Stati Uniti d’America aveva diramato una black list in cui venivano citati come ipotetici (quasi certi) mediatori tra Assad e al Baghdadi quattro imprenditori e sei aziende, tra questi vi era pure al Katerji.
La città di Deir Ezzor era la zona in cui questo commercio proliferava: i convogli, pieni di petrolio, arrivavano alle raffinerie passando da Raqqa, una delle città cardine dell’ISIS. Tuttavia, nei giorni scorsi, l’esercito curdo siriano (Forze Democratiche Siriane) – con l’aiuto dell’esercito americano – ha ripreso possesso della città crocevia di scambio. Ad annunciarlo è stato il 17 ottobre proprio la portavoce di FSD. Ora che anche l’ultima roccaforte dello Stato Islamico è caduta, come continuerà questo traffico?
Due anni dopo la distruzione di Palmira che, per la distruzione dell’immenso patrimonio artistico ad opera dei jihadisti e per i brutali omicidi commessi sul personale addetto alla cura della zona, aveva causato scalpore ed indignazione in tutto il mondo, iniziano a saltare fuori delle versioni che distorcono la realtà dipinta da Assad. Adesso troppi pezzi del puzzle stanno venendo a mancare, la possibilità che il Capo di Stato siriano abbia forti legami con l’ISIS è sempre più concreta. Certamente queste parole saranno giunte alle orecchie di Putin che, al momento, non sembra aver voltato le spalle ad Assad, sposando la sua versione: «Probitas laudatur et alget – L’onestà è lodata, ma muore di freddo» diceva il poeta ed oratore romano Giovenale (60 – 140 d.C.).
Francesco Raguni
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