Le grandi multinazionali che esportano i loro prodotti in numerosi Paesi del mondo hanno la facoltà, purchè correttamente segnalato nelle apposite etichette, di utilizzare ingredienti di diversa qualità secondo una base puramente discrezionale. Di conseguenza, non sarebbe da considerare un’anomalia trovare l’identico prodotto con una qualità inferiore o un altro con una qualità superiore, in uno Stato differente. Infatti, tale fenomeno è ampiamente riscontrabile, specialmente nei Paesi dell’est europeo, i cui abitanti e consumatori sembrano essere coloro che ne patiscono le conseguenze. «É il più grosso scandalo del passato recente» ha dichiarato il portavoce dell’esecutivo dell’Ungheria, «Siamo stufi di essere il bidone della spazzatura d’Europa» ha affermato successivamente il ministro dell’Agricoltura della Repubblica Ceca.
Pare, infatti, esservi un’allarmante tendenza che induce le multinazionali ad usare ingredienti di qualità più scadente nei Paesi appena citati: per fare un banalissimo esempio, se uno yogurt in Germania contiene al suo interno dei pezzi di frutta, altrettanto non si può dire di uno yogurt importato in Polonia o Slovacchia, e così anche per quanto concerne altri prodotti confezionati o surgelati. La legislazione comunitaria, tuttavia, non impone delle direttive precise in materia; pertanto, è assolutamente legittimo per le grandi case di produzione utilizzare ingredienti di diversa qualità in base alla provenienza della richiesta dello Stato che importa.
Ciononostante, i cittadini vivono con grande insofferenza questa condizione di disparità e molti abitanti della Slovacchia spesso oltrepassano il confine e acquistano i prodotti necessari al loro fabbisogno nei supermercati austriaci, che garantiscono una qualità superiore. In merito, sarebbe interessante comprendere la ragione di tale differenziazione. Da un lato, gli esponenti delle multinazionali affermano di adottare tali misure nei Paesi in cui i cittadini hanno un reddito più basso, così da poter garantire anche l’abbassamento del prodotto delle merci; dall’altro, però, gli abitanti degli Stati interessati hanno più volte ribadito come non vi sia alcuna differenza di prezzo, ad esempio, tra dei succhi di frutta venduti in Austria ed altri venduti in Slovacchia. In conclusione, tale problematica sembra essere uno dei punti che al Parlamento Europeo, prima o poi, dovranno mettere in agenda.
Francesco Laneri
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